giovedì 30 giugno 2011

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 22


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 22: "Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome".
L'articolo 22 della Costituzione integra e tutela principi già contenuti in altre disposizioni costituzionali, in particolare il principio d'eguaglianza (art. 3), che esclude discriminazioni fondate su motivi politici, e il principio della tutela dei diritti inviolabili della persona.
Questa norma risponde al compito di tutelare le basi democratiche dell'ordinamento repubblicano, impedendo che si possano un giorno ripetere le politiche razziali e antidemocratiche del regime fascista, che determinarono la privazione della cittadinanza agli appartenenti alla comunità ebraica (che si videro privati dei diritti di cittadinanza a causa delle leggi razziali, sancite con il decreto legge del 17 novembre del 1938) e ai fuoriusciti che svolgevano attività antifascista.Il regime fascista impose inoltre l'italianizzazione dei cognomi di quei cittadini appartenenti a minoranze linguistiche.
L'articolo 22 fa riferimento alle qualità che definiscono la personalità giuridica del cittadino, consentendo a quest'ultimo di essere identificato (nome), di operare nel mondo del diritto (capacità giuridica), e di esercitare i diritti e doveri che scaturiscono dall'appartenenza alla comunità statale (cittadinanza). Tali qualità non possono in alcun modo subire compressioni o limitazioni per motivi di carattere politico, ossia per il fatto di appartenere ad un partito o movimento politico, di svolgere attività di propaganda politica, di manifestare il proprio pensiero od orientamento politico.

mercoledì 29 giugno 2011

LA CASSAZIONE RICONOSCE IL DANNO PATRIMONIALE AL PEDONE INVESTITO CHE NON LAVORA


La Corte di cassazione, con la sentenza n. 14278 del 28 giugno 2011, ha accolto il ricorso presentato da una ragazza, una studentessa di venti anni che era rimasta vittima, quale pedone, di un investimento sulle strisce pedonali, avverso la decisione con cui i precedenti giudici di merito avevano escluso la risarcibilità del danno patrimoniale da perdita di chance sul rilievo che, all'epoca del sinistro, la ricorrente non svolgeva attività produttiva di reddito.
La Cassazione ha, invece, stabilito che il danno alla persona deve essere risarcito in maniera integrale con la conseguenza che all'infortunato deve essere riconosciuto il danno patrimoniale da perdita di chance per riduzione della capacità lavorativa anche in assenza di un'attuale impiego.
E' stato, dunque, ribadito che "deve essere riconosciuta la risarcibilità patrimoniale del danno derivante da invalidità permanente, consistente nella liquidazione del danno futuro a causa della menomata capacità lavorativa, e il danno derivante dalla invalidità temporanea e collegato alla distinta perdita del guadagno nella esplicazione della detta capacità, secondo criteri equitativi".

martedì 21 giugno 2011

IL GENITORE AFFIDATARIO DEL FIGLIO MAGGIORENNE E' LEGITTIMATO IURE PROPRIO A DOMANDARE ALL'ALTRO IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13184 del 16 giugno 2011, ha affermato che la legittimazione del figlio divenuto maggiorenne non esclude quella della madre affidataria e titolare dell'assegno di mantenimento in base alla sentenza di divorzio. Il coniuge separato o divorziato, già affidatario del figlio minorenne, è legittimato iure proprio, anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, ad ottenere un contributo al mantenimento del figlio. Ne discende che ciascuna legittimazione (quella della madre e quella del figlio) è concorrente con l'altra.
L'obbligato al mantenimento è, comunque, tenuto a versare l'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, di cui sia affidataria la ex coniuge, finché non ottenga una modifica della sentenza di divorzio che accerti l'autosufficienza della prole.


 

mercoledì 15 giugno 2011

CITTADINANZA ITALIANA: ALCUNI PRINCIPI


La normativa fondamentale che regola l'acquisto della cittadinanza italiana risiede nella Legge 5 febbraio 1992, n.91: essa indica il principio dello "ius sanguinis" come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l'acquisto automatico della cittadinanza "iure soli" continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori. Per "ius sanguinis" si intende il diritto di acquisire la cittadinanza in virtù della discendenza o della filiazione, mentre lo "ius soli" fa riferimento alla nascita sul "suolo", sul territorio dello Stato.
Nel 2006 è stata introdotta una nuova ipotesi di "ius soli" con la previsione dell'acquisto della cittadinanza italiana da parte di chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui uno almeno sia residente legalmente in Italia senza interruzioni da cinque anni al momento della nascita.
Altri modi per acquistare la cittadinanza sono la "iure communicatio", ossia la trasmissione all´interno della famiglia da un componente all´altro (a seguito di matrimonio, riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione, adozione), il "beneficio di legge", allorché, in presenza di determinati presupposti, la concessione avvenga in modo automatico, senza necessità di specifica richiesta, e, infine, la "naturalizzazione"(questa comporta non una concessione automatica del nuovo status ma una valutazione discrezionale da parte degli organi e degli uffici statali competenti).
Dunque, come recita l'articolo 1 della legge n. 91/92, è cittadino per nascita: a) il figlio di padre o di madre cittadini; b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono. E', altresì, considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
L'articolo 3 stabilisce che il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza.
Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio (articolo 5). La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica (articolo 9).


 

giovedì 9 giugno 2011

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 21


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 21: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni".
L'articolo 21 della Costituzione rappresenta, a mio modo di vedere, la pietra angolare del nostro ordinamento. Esso, infatti, garantisce il più elementare dei diritti della persona umana, ossia la libertà di manifestazione del pensiero. Tale diritto è proprio di ogni essere umano presente sul territorio nazionale, indipendentemente dalla condizione di cittadino italiano o straniero, e spetta, altresì, a tutte le formazioni sociali attraverso le quali si esprime la personalità umana.
La libertà di manifestazione del pensiero consiste nella libertà di esprimere le proprie idee e di divulgarle. Nessuna selezione può essere compiuta tra le idee quanto a scopi, contenuti o circostanze: tutte possono essere espresse liberamente, salvo che si pregiudichino altri valori costituzionali.
L'articolo 21 afferma che tutti possono manifestare (cioè divulgare, rendere pubblico) liberamente il proprio pensiero attraverso qualsiasi strumento ed, in particolare, in forma orale, in forma scritta o con ogni altro mezzo di diffusione che la tecnica sia in grado di elaborare. 
Tra i mezzi con i quali si manifesta il pensiero rientra certamente la stampa. Appartengono a questa categoria non solo i tradizionali giornali cartacei ma anche radio, televisioni e provider internet.
La Costituzione garantisce la libertà di stampa: è stabilito, infatti, il divieto di sottoporre la stampa a controlli preventivi, cioè di introdurre "autorizzazioni o censure", in modo da impedire la pubblicazione e la diffusione del pensiero.
L'articolo 21 consente solo il sequestro, ossia un provvedimento di ritiro della stampa successivo alla pubblicazione. Tuttavia, il sequestro deve rispettare una duplice riserva: 1) una riserva di legge assoluta e 2) una riserva di giurisdizione. Infatti, si può procedere a sequestro "solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria" (in ciò consiste la riserva di giurisdizione) e "solo nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi" o "nel caso di violazione delle norme che la legge sulla stampa prescriva per l'indicazione dei responsabili" (in ciò consiste la riserva di legge assoluta).
In casi di necessità ed urgenza anche gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro ma debbono immediatamentefare denunzia all'autorità giudiziaria, e non mai oltre ventiquattro ore. L'autorità giudiziaria, poi, è chiamata a convalidare il sequestro nelle ventiquattro ore successive, altrimenti il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.
La libertà di manifestazione del pensiero incontra un unico limite espressamente previsto dalla norma costituzionale: il buon costume. Esso deve essere inteso come il pudore sessuale. L'articolo 21 vieta le pubblicazioni, gli spettacoli e ogni altro tipo di manifestazione del pensiero che risulti contrario al buon costume.
In realtà, la libertà di manifestazione del pensiero incontra altri limiti, posti dalla legge ordinaria (ad esempio da quella penale). Si pensi ai reati d'opinione (fra di essi rientrano certamente il reato di ingiuria ed il reato di diffamazione): la libertà di manifestare il proprio pensiero non può giungere sino al punto di offendere l'onore degli altri. E non può neppure spingersi a istigare la commissione di reati o ad offendere il sentimento religioso.
Ma, come è semplice intuire, la legge penale che pone tali ulteriori limiti alla libertà di manifestazione del pensiero non fa altro che difendere altri valori costituzionalmente garantiti (quali ad esempio, il diritto all'onorabilità, il diritto alla vita, il mantenimento dell'ordine pubblico, la libertà religiosa, il diritto alla riservatezza e via discorrendo).
Nonostante tali limiti, tuttavia, si può affermare che la libertà di manifestazione del pensiero, proprio perchè la circolazione delle idee è il presupposto della democrazia, è una delle condizioni di base per il progresso della società democratica e per lo sviluppo di ciascun individuo ed è per tale ragione che viene considerata la pietra angolare del sistema democratico.

mercoledì 8 giugno 2011

TABELLE DEL DANNO BIOLOGICO DEL TRIBUNALE DI MILANO: LA CASSAZIONE LE FA PROPRIE, GIUDICANDOLE GARANZIA DI EQUITA'


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011 ha stabilito che i criteri di calcolo per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano “costituiranno, d'ora innanzi, per la giurisprudenza di questa Corte, il valore da ritenersi “equo”, e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o a ridurne l'entità".
E' importante, dunque, tenere ben presenti queste tabelle, aggiornate proprio nel 2011:
nuove tabelle del tribunale di Mlano per la liquidazione del danno biologico.
E per comprendere meglio a quale percentuale di danno biologico corrisponda un infortunio è necessario rifarsi alle tabelle allegate al
T.U. 30 giugno 1965 n.1124.
La seguente tabella, infine, consente di calcolare la percentuale di invalidità permanente dei più comuni infortuni:
tabella Inail per la valutazione del grado di invalidità permanente.

PARITA' DI TRATTAMENTO TRA MOGLIE E COMPAGNA NEL RISARCIMENTO DEI DANNI MORALI


Il risarcimento del danno morale conseguente alla morte del coniuge o del compagno a seguito di sinistro stradale deve essere liquidato nello stesso ammontare e con gli stessi parametri sia nei confronti della moglie che nei confronti della convivente "more uxorio": è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12278 del 7 giugno 2011.
La Suprema Corte ha, infatti, spiegato che “in materia di responsabilità civile è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno conseguente alle lesioni o alla morte di una persona a favore del convivente "more uxorio" di questa, pur richiedendo che venga fornita, con qualsiasi mezzo, la prova dell'esistenza e della durata di una convivenza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale”.
Nel caso affrontato dalla Cassazione un uomo aveva perso la vita a seguito di un incidente stradale, lasciando, oltre alla moglie e ai figli nati dal matrimonio con quest'ultima, anche una convivente e una figlia naturale frutto del legame affettivo duraturo e stabile con quest'ultima donna. Gli ermellini hanno confermato e fatto propria la decisione della Corte d'Appello che aveva parificato, ai fini del risarcimento del danno morale, la famiglia legale della vittima di un sinistro alla famiglia di fatto successivamente costituita dalla stessa; e ciò, dopo avere accertato la stabilità nonchè la continuità nel tempo del rapporto e della relazione affettiva.

 

martedì 7 giugno 2011

QUANDO IL PART-TIME VIENE CONVERTITO IN FULL-TIME DALLA CORTE DI CASSAZIONE


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11905/2011 ha stabilito che va convertito in contratto a tempo pieno il rapporto part time che si prolunga per l’intero orario di lavoro.
Per la Suprema Corte, infatti, “il rapporto a tempo parziale si trasforma in rapporto a tempo pieno per fatti concludenti, in relazione alla prestazione lavorativa resa, costantemente, secondo l’orario normale, o addirittura con orario superiore”.
Dunque, gli ermellini si sono nuovamente adeguati all'indirizzo giurisprudenziale costante secondo il quale, in base alla continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale può trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno.

venerdì 3 giugno 2011

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 20


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 20: "Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".
L'articolo 20 della Costituzione prende in considerazione quella peculiare libertà che i singoli e le organizzazioni religiose hanno nel dare vita ad enti esponenziali aventi "carattere ecclesiastico" e "il fine di religione o di culto", senza che essi possano subire alcuna discriminazione rispetto a tutte le altre associazioni e istituzioni di diritto comune. 
Occorre, dunque, comprendere cosa intende
la Costituzione per "carattere ecclesiastico" e per "fine di religione o di culto". Un'associazione o un ente ha "carattere ecclesiastico" quando lo stesso nasce nell'ambito di una confessione religiosa organizzata in una "Chiesa" (sia essa "cattolica", "valdese", "luterana", "evangelica" ecc.). Mentre "il fine di religione o di culto" spetta a quell'associazione o ente che, costituitosi all'interno di una qualsiasi confessione religiosa (all'interno di questo gruppo rientrano, pertanto, anche gli "enti ebraici" e quelli "islamici"), persegua prevalentemente fini religiosi o sia preposto allo svolgimento di riti o liturgie propri della confessione alla quale appartiene.
La Costituzione afferma che tali caratteristiche non debbono comportare alcuna speciale limitazione legislativa: dunque, il fatto che un'associazione persegua fini religiosi non deve comportare restrizioni di alcun genere da parte della legge. Inoltre, queste associazioni non debbono neppure essere oggetto di speciali oneri fiscali per la loro costituzione, per la loro capacità giuridica (derivante dal riconoscimento civilistico) e per ogni loro forma di attività.

mercoledì 1 giugno 2011

INTERESSANTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE IN TEMA DI MOBBING


La Corte di Cassazione nella sua Sezione Lavoro ha affrontato nuovamente il tema del mobbing. Lo ha fatto con la sentenza n. 12048/2011, con la quale ha respinto la richiesta di risarcimento presentata da una dipendente nei confronti del proprio datore di lavoro. La ricorrente aveva lamentato che il datore di lavoro le avesse lanciato lo stipendio sulla scrivania e che, in un altro episodio, la consegna della retribuzione fosse avvenuta in un sacco di monetine.
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto che questi episodi siano certamente biasimevoli ma non siano affatto sufficienti a far scattare il mobbing. Secondo i giudici di legittimità gli episodi riferiti sono sicuramente poco edificanti ma non danno la prova di un atteggiamento discriminatorio o persecutorio nei confronti della lavoratrice. Perché sia accertato il mobbing è infatti necessaria una molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti e prolungati con intento vessatorio.