La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5880 del 24 marzo 2016 ha
affrontato il caso di uno studente che aveva riportato gravi lesioni personali dopo
essere stato investito da un autoveicolo. Nei primi due gradi di giudizio al
ragazzo era stato riconosciuto il risarcimento per i danni fisici e morali
subiti ma gli era stato negato il risarcimento per il lamentato danno da
perdita di capacità lavorativa futura, ossia il danno che il ragazzo avrebbe
subito in futuro a causa della menomazione della propria capacità lavorativa.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dello studente, affermando che l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della
capacità lavorativa specifica ed il danno che necessariamente da essa consegue.
Perciò il giudice avrebbe dovuto procedere all’accertamento
presuntivo (ossia fondato su una ragionevole presunzione) della perdita
patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno. Infatti, si poteva
ritenere ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe conseguito
in assenza dell’infortunio; a tale conclusione si sarebbe potuti pervenire, in
primo luogo, in base agli studi compiuti ed alle inclinazioni manifestate dalla vittima
ed, in secondo luogo, sulla scorta delle condizioni
economico-sociali della famiglia.
Da ultimo, gli Ermellini hanno cassato la sentenza della Corte d’Appello,
invitando quest’ultima a rivedere il proprio giudizio sulla scorta di questo
principio: “nel caso di
lesioni sofferte da un soggetto minore, al momento del sinistro ancora studente,
e che abbiano determinato una invalidità permanente pari al 30% e, dunque, di
non lieve entità, il giudice di merito, investito della domanda di
riconoscimento del conseguente danno futuro patrimoniale per perdita di
capacità lavorativa generica, non compie un corretto procedimento di
sussunzione della fattispecie, allorquando ritenga di procedere alla
liquidazione di tale danno all’interno della liquidazione del danno non
patrimoniale, essendo tale possibilità limitata – e sempre salvo dimostrazione
in senso contrario di una perdita di chance lavorativa futura specifica
nonostante la lievità della lesione – soltanto al caso di lesioni personali di
lieve entità e peraltro limitatamente all’ipotesi in cui la loro concreta
incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura”.
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