Con la lettera apostolica in forma di motu proprio intitolata "Mitis
Iudex Dominus Iesus" (pubblicata in data odierna) Papa Francesco
ha riformato il diritto canonico per quanto riguarda i processi di accertamento
della nullità matrimoniale.
Scopo del
documento, scrive il Pontefice, non è favorire la "nullità dei
matrimoni, ma la celerità dei processi, affinché, a motivo della ritardata
definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del
proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio".
Infatti, spiega
Papa Francesco, "alimenta la spinta riformatrice l’enorme numero di fedeli
che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono
distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della
distanza fisica o morale; la carità dunque e la misericordia esigono che
la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano
separati".
Lo stesso Pontefice evidenzia e sintetizza alcuni criteri
fondamentali che hanno guidato l’opera di riforma:
I. – Una sola sentenza in favore della nullità
esecutiva. – “È
parso opportuno, anzitutto, che non sia più richiesta una doppia decisione
conforme in favore della nullità del matrimonio, affinché le parti siano
ammesse a nuove nozze canoniche, ma che sia sufficiente la certezza morale
raggiunta dal primo giudice a norma del diritto”.
II. – Il giudice unico sotto la
responsabilità del Vescovo. – “La costituzione del giudice unico, comunque chierico, in prima istanza
viene rimessa alla responsabilità del Vescovo, che nell’esercizio pastorale
della propria potestà giudiziale dovrà assicurare che non si indulga a
qualunque lassismo”.
III. – Lo stesso Vescovo è giudice. –
“Affinché sia finalmente tradotto in
pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano
II in un ambito di grande importanza, si è stabilito di rendere
evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e
capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica pertanto
che nelle grandi come nelle piccole diocesi lo stesso Vescovo offra un segno
della conversione delle
strutture ecclesiastiche, e non lasci completamente delegata agli uffici
della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Ciò valga
specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi
di nullità più evidente”.
IV. – Il processo più breve. –
“Infatti, oltre a rendere più agile il
processo matrimoniale, si è disegnata una forma di processo più breve – in
aggiunta a quello documentale come attualmente vigente –, da applicarsi nei
casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti
particolarmente evidenti”. “Non mi è
tuttavia sfuggito quanto un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il
principio dell’indissolubilità del matrimonio; appunto per questo ho voluto che
in tale processo sia costituito giudice lo stesso Vescovo, che in forza del suo
ufficio pastorale è con Pietro il maggiore garante dell’unità cattolica nella
fede e nella disciplina”.
V. – L’appello alla Sede Metropolitana. –
“Conviene che si ripristini l’appello
alla Sede del Metropolita, giacché tale ufficio di capo della provincia
ecclesiastica, stabile nei secoli, è un segno distintivo della sinodalità nella
Chiesa”.
VI. – Il compito proprio delle Conferenze
Episcopali. – “Le
Conferenze Episcopali, che devono essere soprattutto spinte dall’ansia
apostolica di raggiungere i fedeli dispersi, avvertano fortemente il dovere di
condividere la predetta conversione,
e rispettino assolutamente il diritto dei Vescovi di organizzare la potestà
giudiziale nella propria Chiesa particolare.
Il ripristino
della vicinanza tra il giudice e i fedeli, infatti, non avrà successo se dalle
Conferenze non verrà ai singoli Vescovi lo stimolo e insieme l’aiuto a mettere
in pratica la riforma del processo matrimoniale.
Insieme con la
prossimità del giudice curino per quanto possibile le Conferenze Episcopali,
salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, che
venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa, mostrandosi ai
fedeli madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza
delle anime manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati
salvati”.
VII. – L’appello alla Sede Apostolica. –
“Conviene comunque che si mantenga
l’appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè la Rota Romana,
nel rispetto di un antichissimo principio giuridico, così che venga rafforzato il
vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari, avendo tuttavia cura,
nella disciplina di tale appello, di contenere qualunque abuso del diritto,
perché non abbia a riceverne danno la salvezza delle anime”.
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