Ma la figura dell'avvocato serve
ancora?
Strano che questa domanda se la
ponga proprio una persona che fa (o meglio, è) avvocato. Tuttavia, essa sorge
spontanea dal momento che numerosi provvedimenti normativi puntano a ridurre
l'ambito di azione dell'avvocato. Meno di un anno fa è entrata in vigore la
normativa che introduce la possibilità (a determinate condizioni) di giungere
alla separazione o al divorzio senza l'assistenza di un avvocato, direttamente
dinanzi all'ufficiale dello stato civile. Ora entra in vigore una modifica al
codice del consumo che disciplina la risoluzione stragiudiziale delle
controversie tra professionisti e consumatori, anche in questo caso senza la
necessaria assistenza della figura dell'avvocato.
La ragione di questi provvedimenti
sta nella percezione errata del ruolo dell'avvocatura.
L'avvocato viene, infatti,
percepito come un soggetto portatore esclusivamente di interessi propri,
persino in contrasto con quelli della parte da esso assistita. Il privato
cittadino attribuisce all’avvocato l’incapacità di ottenere in tempi rapidi e
certi il risultato richiesto, nonché l’eccessiva onerosità a fronte
dell’incertezza dell’esito del mandato conferito. L’impresa considera, invece,
l’avvocato una voce di spesa non necessaria ma, anzi, un lusso da dover
eliminare in tempi di crisi.
Di fatto, la figura dell’avvocato
è diventata il parafulmine della lentezza e della inefficienza della macchina-giustizia
italiana. Se quello che dovrebbe essere il lubrificante del motore, assicurando
la corretta e puntuale efficienza dello stesso, al contrario giunge ad essere
ritenuto responsabile dei suoi malfunzionamenti e della sua lentezza, è
naturale che un governo (più di uno in realtà), che ascolta la pancia del paese
e che mira alle prossime elezioni e non alle prossime generazioni, approvi
delle normative che ne diminuiscono la presenza.
Ma se una cosa è ritenuta inutile
o persino dannosa, allora perché non eliminarla del tutto?
Perché, dunque, non eliminare la
figura dell’avvocato? E’ solo un costo, non ottiene il risultato desiderato e
per il quale il mandato gli è stato conferito, pensa solo al proprio interesse
e così via.
La domanda da porsi è un’altra:
perché esiste la figura dell’avvocato?
L’avvocato nasce con l’idea di
ristabilire un equilibrio tra i rapporti di forza intercorrenti tra le parti
portatrici di interessi contrastanti all’interno di un sistema sociale.
Ad esempio, l’avvocato difensore
di un imputato all’interno di un processo penale ha il compito di far sì che
l’autorità statale che procede contro il suo assistito arrivi al giudizio
rispettando le norme sostanziali e procedurali vigenti e non ponga in atto una
mera vendetta nei confronti di un soggetto obiettivamente più debole. Questa
funzione può essere espletata solo grazie alla conoscenza delle leggi e del
meccanismo che esse generano: ecco perché l’avvocato, con la sua
professionalità è fondamentale per assicurare non solo un singolo giusto
processo ma l’intera tenuta di un ordinamento costituito.
In ambito civile l’importanza dell’avvocato
può essere constatata in tutta la sua evidenza ponendo attenzione alle notevoli
disparità di mezzi economici e conoscenze che possono manifestarsi tra i
soggetti di un rapporto commerciale. Se, infatti, si abbandonano gli
ingannevoli principi fatti propri dall’economia classica prima e da quella
neoclassica in epoca più recente, secondo i quali in un’economia di mercato la
libertà assoluta dello stesso (il cosiddetto laissez faire) conduce al
benessere dell’intera società, presupponendo l’equilibrio di forze e conoscenze
tra chi pone la domanda e chi effettua l’offerta, e si abbracciano principi di
economia mista secondo i quali esistono notevoli differenze tra i soggetti
produttori e i soggetti consumatori, a vantaggio dei primi e a discapito dei
secondi, è evidente che la figura dell’avvocato risulta necessaria per
riequilibrare, per quanto possibile, le forze in gioco. E’ solo grazie
all’esistenza dell’avvocato che può capitare che una multinazionale possa
soccombere in un processo civile promosso da un consumatore che si ritenga
danneggiato.
Fatte queste considerazioni,
siamo certi che svilire la figura dell’avvocato, limitarne i campi di azione,
lasciare libero il privato cittadino o la piccola e media impresa di provvedere
autonomamente alla tutela dei propri diritti, sia interesse di questi ultimi e
della società tutta?
Se risponderemo di sì, allora, tornando alla domanda che fa da incipit a
queste riflessioni, dovremo coerentemente rispondere che l’avvocato non serve
più ma in tal caso dovremo altresì avere il coraggio di eliminare completamente
la sua figura dalla realtà sociale in cui viviamo.
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