mercoledì 3 aprile 2013

IL MEDICO OBIETTORE DI COSCIENZA NON PUO' OMETTERE LA PROPRIA ASSISTENZA NE' PRIMA NE' DOPO L'INTERVENTO ABORTIVO

L'art. 9 comma 3 della legge 194/1978 "esclude che l'obiezione possa riferirsi anche all'assistenza antecedente e conseguente all'intervento, riconoscendo al medico obiettore il diritto di rifiutare di determinare l'aborto (chirurgicamente o farmacologicamente), ma non di omettere di prestare assistenza prima o dopo ‘in quanto deve’ assicurare la tutela della salute e della vita della donna, anche nel corso dell'intervento di interruzione di gravidanza". E' quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14979/2013, che ha confermato la condanna ad un anno di carcere, per omissione di atti d'ufficio, con interdizione dall'esercizio della professione medica, ad una dottoressa di un presidio ospedaliero.
Come medico di guardia la sera in cui la paziente ha abortito, la dottoressa si era rifiutata di visitare e assistere la donna, nonostante le richieste di intervento dell'ostetrica che temeva un'emorragia, nella fase del cosiddetto secondamento, avvenuta successivamente all'aborto indotto per via farmacologica da altro sanitario. Nemmeno dopo i successivi ordini di servizio impartiti telefonicamente dal primario e dal direttore sanitario l'aveva visitata, tanto che il primario era dovuto andare in ospedale per intervenire d'urgenza.
Per la Suprema Corte "il diritto di obiezione di coscienza non esonera il medico dall'intervenire durante l'intero procedimento"; e tale "diritto dell'obiettore affievolisce, fino a scomparire, di fronte al diritto della donna in imminente pericolo a ricevere le cure per tutelare la propria vita e la propria salute".

Nessun commento:

Posta un commento