lunedì 11 aprile 2011

NON FERMARSI COL SEMAFORO ROSSO E PROVOCARE UN INCIDENTE MORTALE E' OMICIDIO VOLONTARIO


La Corte di Cassazione, con la sentenza 15 marzo 2011, 10411, ha stabilito che non fermarsi con il semaforo rosso e provocare la morte di una persona è omicidio volontario. Tale decisione è maturata a seguito del caso sottoposto nel quale un automobilista, sprovvisto di patente, alla guida di un furgone rubato, sfrecciava ad alta velocità in presenza di diversi semafori rossi, al fine di sfuggire ad una volante della polizia la quale, a sirene spiegate, decideva di inseguire detto furgone: il furgone, dopo l’ennesimo passaggio senza rispettare il semaforo rosso, si andava a scontrare con due automobili transitanti nello stesso incrocio, procurando la morte di uno degli occupanti di queste ed il ferimento di altre persone.
La Suprema Corte ha rilevato che la giurisprudenza di legittimità individua il fondamento del dolo indiretto o eventuale "nella rappresentazione e nell'accettazione, da parte dell'agente, della concreta possibilità, intesa in termini di elevata probabilità, di realizzazione dell'evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria". Il soggetto pone in essere un'azione accettando il rischio del verificarsi dell'evento, che nella rappresentazione psichica non é direttamente voluto, ma appare probabile. In altri termini, l'agente, pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento, ha tuttavia agito anche a costo che questo si realizzasse, sicché lo stesso non può non considerarsi riferibile alla determinazione volitiva (Sez. Un. 12 ottobre 1993, n. 748; Sez. Un. 15 dicembre 1992, Cutruzzolà, in Cass. pen., 1993, 1095; Sez. Un. 12 ottobre 1993, n. 748; Sez. Un. 14 febbraio 1996, n. 3571; Sez. 1^, 12 novembre 1997, n. 6358; Sez. 1^, 11 febbraio 1998, n. 8052; Sez. 1^, 20 novembre 1998, n. 13544; Sez. 5^, 17 gennaio 2005, n. 6168; Sez. 6^, 26 ottobre 2006, n. 1367; Sez. 1^, 24 maggio 2007, n. 27620; Sez. 1^, 29 gennaio 2008, n. 12954).
Nel dolo eventuale il rischio deve essere accettato a seguito di una deliberazione con la quale l'agente subordina consapevolmente un determinato bene ad un altro. L'autore del reato, che si prospetta chiaramente il fine da raggiungere e coglie la correlazione che può sussistere tra il soddisfacimento dell'interesse perseguito e il sacrificio di un bene diverso, effettua in via preventiva una valutazione comparata tra tutti gli interessi in gioco - il suo e quelli altrui - e attribuisce prevalenza ad uno di essi. L'obiettivo intenzionalmente perseguito per il soddisfacimento di tale interesse preminente attrae l'evento collaterale, che viene dall'agente posto coscientemente in relazione con il conseguimento dello scopo perseguito. Non è, quindi, sufficiente la previsione della concreta possibilità di verificazione dell'evento lesivo, ma è indispensabile l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno che costituisce il prezzo (eventuale) da pagare per il conseguimento di un determinato risultato (Sez. 6^, 26 ottobre 2006, n. 1367; Sez. 1^, 29 gennaio 2008, n. 12954; Sez. 5^, 17 settembre 2008, n. 44712).

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