mercoledì 27 aprile 2011

LA CASSAZIONE SULLA DIFFAMAZIONE TELEMATICA


La diffamazione è il reato previsto dal codice penale all'art. 595: la fattispecie punisce colui che, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione. Per aversi diffamazione, dunque, occorre 1) che qualcuno comunichi con altre persone e 2) che, nel fare ciò, offenda la reputazione di una terza persona. Conseguentemente, il reato si consuma nel luogo e nell'ora in cui la comunicazione diffamatoria raggiunge i destinatari del messaggio.
Si pone, perciò, il problema di stabilire il luogo di commissione del reato allorquando la diffamazione avvenga attraverso la rete telematica, per sua stessa natura in grado di connettere persone di ogni parte del mondo e di rendere la comunicazione diffamatoria ricevibile da una pluralità indefinita di soggetti.
La Corte di Cassazione, con la
sentenza 26 aprile 2011 n. 16307, ha stabilito che nella diffamazione via Web il luogo in cui viene commesso il reato va individuato nel punto in cui le offese e le denigrazioni siano percepite dal maggior numero di persone.
In materia di diffamazione per via telematica, il luogo commissi delicti deve, dunque, essere individuato in quello in cui le offese e le denigrazioni sono percepite da più fruitori della rete e, dunque nel luogo in cui il collegamento viene attivato e ciò anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all'estero, perché l'offesa sia stata percepita da più fruitori che si trovano in Italia. Ed infatti, in detti casiai fini dell'individuazione della competenza, sono inutilizzabili, in quanto di difficilissima se non impossibile individuazione, i criteri oggettivi unici, quali, ad esempio, quelli di prima pubblicazione, di immissione della notizia in rete, di accesso del primo visitatore”, né “quello del luogo in cui è situato il server, in cui il provider alloca la notizia”.

 

1 commento: