mercoledì 24 novembre 2010

LA COSTITUZIONE ITALIANA: LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 3


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Questo è l'articolo cardine attorno al quale è stata predisposta la nostra Carta Costituzionale. Si tratta di una norma illuminata, una pietra miliare dell'ordinamento italiano e un faro per tutti i paesi democratici e liberi.
Pare evidente il richiamo a tutti i principi illuministici, quelli che alla fine del diciottesimo secolo portarono alla Rivoluzione Americana prima e a quella Francese immediatamente dopo. Quando leggo o ascolto le parole dell'articolo tre della Nostra Costituzione, mi riesce inevitabile provare una sorta di commozione mista ad orgoglio e a ricnoscenza per i nostri predecessori (di ogni razza e nazionalità) morti per l'affermazione di questi principi. 
Le parole dell'articolo tre rimandano la mia mente a grandi statisti di altri paesi come Thomas Jefferson ("riteniamo che alcune verità siano di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali; che dal loro Creatore sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili; che fra questi ci siano la vita, la libertà e la ricerca della felicità"), a documenti fondamentali come la  Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino del 1789 (testo elaborato a seguito della Rivoluzione Francese) o la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, siglata a New York nel 1948, ma penso soprattutto ai nostri grandi patrioti ed in particolare ai partigiani che hanno combattuto e hanno dato la vita per permettere ai propri figli di vivere in uno Stato nel quale non vi fosse alcuna differenza tra uomo e donna, tra bianco e nero, tra cristiano e musulmano, tra ricco e povero.
E dunque, tutti i cittadini italiani hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso (donna, uomo, transessuale, ermafrodito: per la legge nessuna di queste condizione è motivo di discrimine): tutti dispongono dei medesimi diritti e a tutti sono richiesti i medesimi doveri. Neppure la razza può essere motivo di discriminazione: caucasico, africano, asiatico, indiano e così via, non fa alcuna differenza per la legge. Ogni cittadino ha, poi, il diritto di potersi esprimere con la lingua insegnatagli dai propri genitori senza che ciò costituisca un pregiudizio. Ogni cittadino è libero di professare qualsiasi fede religiosa o di essere ateo senza che lo Stato possa trarne conseguenze pregiudizievoli. Tutti i cittadini hanno il diritto di possedere e manifestare liberamente le proprie opinioni politiche. Infine, tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (sano, malato, disabile ecc. non fa alcuna differenza agli occhi della legge) e sociali (il ricco e il povero hanno i medesimi diritti).
Questi principi, meravigliosi ma che ricalcavano dichiarazioni precedenti, vengono portati nella Nostra Costituzione ad un livello superiore grazie al secondo comma dell'articolo tre, la vera grande innovazione (a livello mondiale) apportata in tema di diritti civili dalla Nostra Carta Costituzionale.
Infatti, la Costituzione non si limita a prevedere, come si suol dire "sulla carta", l'uguaglianza di tutti i cittadini ma impone allo Stato di adoperarsi materialmente per far sì che i suddetti principi trovino una puntuale e perfetta attuazione nella vita del Paese.
E' compito della Repubblica, infatti, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini. E' il cosiddetto principio delle "pari opportunità": ad esempio un ragazzo capace ma impossibilitato a proseguire gli studi per difficoltà economiche deve essere messo dallo Stato nella condizione di potere studiare e di raggiungere i propri obiettivi; ad esempio una ragazza disabile deve potere avere libero accesso ai locali pubblici e ai mezzi pubblici e deve potere avere le stesse opportunità di lavoro di una ragazza sana.
Si parla, al riguardo di "uguaglianza sostanziale" e per uno Stato lungimirante ed illuminato questo principio assolve ad una duplice finalità: da un lato trasforma in pratica una "uguaglianza puramente formale" tra tutti i cittadini e, dall'altro, consente a se stesso di disporre di notevoli risorse umane che possono contribuire con lo studio, il lavoro e la ricerca a far progredire e crescere il Paese stesso.
A buona ragione, infatti, il secondo comma dell'articolo tre sottolinea il fatto che la "uguaglianza sostanziale" di tutti i cittadini consente non solo il pieno sviluppo della persona umana ma consente, altresì, che tutti i cittadini possano rendersi utili per l'organizzazione della vita politica e sociale del Paese.

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