lunedì 29 novembre 2010

ASSEGNO DI MANTENIMENTO AL FIGLIO MAGGIORENNE


Il genitore, separato o divorziato, a cui il figlio sia stato affidato durante la minore età, pur dopo che il figlio (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua a, in assenza di un'autonoma richiesta da parte di quest'ultimo, ad essere legittimato "iure proprio" (ossia in virtù di un autonomo diritto proprio del genitore affidatario) ad ottenere dall'altro genitore il pagamento dell'assegno per il mantenimento del figlio, sempre che tra il genitore già affidatario e il figlio persista il rapporto di coabitazione.
Con la maggiore età il diritto al percepimento dell'assegno di mantenimento del figlio (statuito con il provvedimento che dichiara la separazione o il divorzio) sale, dunque, in capo a due soggetti e non più a uno solo: il genitore affidatario in quanto convivente e il figlio maggiorenne stesso.
Vediamo le ragioni di tale solidarietà attiva
Si veda la norma di cui all'art. 155 quinques c.c.: essa dispone che "il giudice può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamenti il pagamento di un assegno periodico; tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto".
Dunque, è chiaro che il figlio maggiorenne ha un diritto autonomo di percepire un assegno di mantenimento e, per tale ragione, potrebbe azionarlo direttamente nei confronti del genitore inadempiente.
Tuttavia, qualora la separazione sia intervenuta in un periodo antecedente alla maggiore età del figlio e sia stato stabilito in favore del genitore affidatario un assegno di mantenimento versato dall'altro genitore, il genitore convivente conserva il diritto di continuare a percepire l'assegno versato in favore del figlio.
La stessa Corte di Cassazione ha più volte spiegato che il genitore affidatario, il quale continui a provvedere direttamente ed integralmente al mantenimento dei figli divenuti maggiorenni e non ancora economicamente autosufficienti, resta legittimato non solo ad ottenere "iure proprio" (e non già "capite filiorum") il rimborso di quanto da lui anticipato a titolo di contributo dovuto dall'altro genitore ma anche a pretendere detto contributo per il mantenimento futuro dei figli stessi.
La legittimazione del genitore concorre, peraltro, con quella del figlio, la quale trova il suo fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento ed i rapporti tra le due legittimazioni si risolvono in base ai principi della solidarietà attiva, applicabili in via analogica.

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