giovedì 19 marzo 2009

DEDICATO A UN UOMO

Ieri sera per radio ho ascoltato una notizia che mi ha profondamente sconvolto: a Gravina di Puglia un uomo, dopo aver perso il lavoro, ha scelto di farla finita, impiccandosi a un albero di un suo piccolo podere. Questo padre di famiglia di 52 anni era stato licenziato dieci mesi fa dall'azienda per la quale aveva fatto il corriere per anni. Dopo aver perso il lavoro, l'uomo si e' cimentato nell'attivita' di carpentiere, ma la sua nuova occupazione non bastava a fare fronte alle spese familiari e a mantenere sua moglie e i suoi tre figli. Di recente si era confidato con un parente al quale aveva riferito tutto il suo scoramento, parlando delle tante difficolta' economiche. A ritrovare ieri il suo corpo e' stata sua figlia assieme a un parente.


Questo avvenimento mi ha provocato un forte dolore. Ecco la crisi economica. Ecco i suoi effetti reali e concreti. Non è nei numeri e nei dati con i quali i mezzi di comunicazione di massa ci bombardano quotidianamente. La crisi è viva sulla pelle della gente e miete vittime come la peste.


La cosa che mi addolora maggiormente è pensare a cosa questo uomo possa avere provato per giungere a questo gesto. L'umiliazione, l'impotenza, la vergogna, la fatica, la sofferenza. Non riusciva più a sostenere la sua famiglia. Ed è giunto a non riuscire a sostenere neppure la propria esistenza.


E mentre lui, attraverso chissà quale doloroso cammino, giungeva a questa tragica conclusione della sua vita, i politici europei si riunivano con il fine (dichiarato ma mai realmente perseguito) di trovare una soluzione alla crisi economica, riuscendo, tuttavia, a condividere solo lauti banchetti.


Ripenso, allora, ad un celebre discorso di Calamandrei pronunciato a Milano nel gennaio del 1955: "nella nostra Costituzione c’è un articolo, che è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo; non impegnativo per noi che siamo al desinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E’ compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo primo “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza con il proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica. Una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della Società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la Società". 

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