mercoledì 28 maggio 2008

RECESSO, RESCISSIONE E RISOLUZIONE

Prendo spunto da un fatto calcistico di queste ore, l'esonero dell'allenatore Roberto Mancini da parte della società FC Internazionale, per operare un chiarimento sui termini giuridici di recesso, rescissione e risoluzione in relazione ad un contratto. Troppo spesso, infatti, tali parole sono confuse o utilizzate in maniera errata. Vediamo.


Innanzitutto bisogna premettere che, una volta concluso, il contratto vincola le parti: esso non può essere sciolto che con un nuovo accordo delle parti stesse, oppure per cause ammesse dalla legge (art. 1372 c.c.).


Di regola, pertanto, dopo la conclusione del contratto non è consentito il recesso unilaterale, cioè il diritto di sciogliersi dal vincolo contrattuale mediante una dichiarazione comunicata all'altra parte. Le eccezioni a questa regola sono costituite primariamente dalle ipotesi di contratti di lavoro a tempo indeterminato (nell'ambito di tali contratti il lavoratore ha il diritto di recedere dal contratto che lo lega al datore, salvo l'onere di dare all'altra parte un congruo preavviso) e da quelle riguardanti i contratti con i consumatori negoziati fuori dai locali commerciali (il consumatore ha diritto di recedere dal contratto, entro dieci giorni dalla conclusione dello stesso, restituendo la merce ricevuta).


Naturalmente la facoltà di recesso può anche essere stabilita d'accordo dalle parti (recesso convenzionale).


Veniamo alla rescissione: essa determina il venir meno del contratto e può essere chiesta per due specifiche anomalie, previste dal codice civile, verificatesi al momento della conclusione del contratto. La prima di esse riguarda l'ipotesi che il contratto sia stato concluso in stato di pericolo (ad es. trovandomi in pericolo, sono costretto a promettere un compenso spropositato) (art. 1447 c.c.). La seconda riguarda l'ipotesi che il contratto sia stato concluso in stato di bisogno (ad es. trovandomi in una situazione di crisi finanziaria, vendo la mia casa ad una persona la quale, conoscendo il mio stato di difficoltà, ne approfitta per ottenere l'acquisto ad un prezzo irrisorio). (art. 1448 c.c.).


Infine, abbiamo la risoluzione: anch'essa, come nel caso della rescissione, determina il venir meno del contratto ma può essere chiesta per tre motivi specifici, previsti dal codice civile, che sopravvengono alla conclusione del contratto. Il primo motivo si ha allorquando una delle parti del contratto si dimostri inadempiendente (ossia, non adempia alla propria obbligazione contrattuale) (art. 1453 c.c.): in questo caso la parte adempiente può domandare, a sua scelta, l'adempimento forzato dell'altra parte o la risoluzione (cioè lo scioglimento) del contratto (potendo chiedere in entrambi i casi anche il risarcimento del danno). Il secondo motivo è costituito dall'impossibilità sopravvenuta della prestazione (ad es. sottoscrivo un contratto di trasporto ma, appena concluso l'accordo, il mezzo sul quale avrei dovuto viaggiare perisce a seguito di un incendio) (art. 1463 c.c.). Il terzo e ultimo motivo riguarda la cosidetta eccessiva onerosità sopravvenuta (ad es. sottoscrivo un contratto di trasporto che mi consenta di giungere, via nave, sul Mar Rosso attraverso il Canale di Suez ma, successivamente alla conclusione dell'accordo, il canale viene chiuso e il vettore avrebbe come unica alternativa la circumnavigazione dell'Africa) (art. 1467 c.c.).


Fatta chiarezza sul significato di recesso, rescissione e risoluzione possiamo divertirci a tornare sul tema dal quale siamo partiti.


La società FC Internazionale non può recedere dal contratto di lavoro (avente scadenza nel 2012) stipulato con Roberto Mancini. Non si può, dunque, parlare di recesso.


Naturalmente, alla luce di quanto sopra detto, non si può neppure parlare di rescissione, non sussistendone i presupposti.


Quanto alla risoluzione sembra anch'essa improspettabile: Roberto Mancini, per ciò che è dato conoscere, non si è dimostrato inadempiente nei confronti della società FC Internazionale; la prestazione dovuta da quest'ultima non è divenuta impossibile nè eccessivamente onerosa.


Pertanto, nonostante l'allenatore sia stato sollevato dall'incarico, il contratto tra le due parti è perfettamente valido e tuttora efficace: solo un accordo delle parti (art. 1372 c.c.) potrebbe farlo venire meno.

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