lunedì 23 febbraio 2009

PARCHEGGIO ALL'INTERNO DEL CONDOMINIO

Quanti di noi hanno avuto screzi con i vicini di casa perchè qualcuno è solito parcheggiare l'auto all'interno del cortile condominiale?


Ebbene, la Corte di Cassazione con la sentenza 21.01.2009 n° 1547 ha stabilito che un’area contigua all’edificio condominiale destinata ad uso di passo e cortile può essere utilizzata a parcheggio temporaneo delle autovetture dei condomini.


La Suprema Corte ha stabilito che “il limite al godimento della cosa comune s’identifica con riferimento alla destinazione attuale della cosa, desunto dall'uso fattone in concreto dai compartecipi”; nel caso trattato non era possibile desumere che alcuni condomini facessero un uso diverso rispetto agli altri condomini: in altre parole parcheggiavano tutti o quasi tutti all'interno del cortile.


La recente decisione s’inserisce nel filone giurisprudenziale secondo cui la legittimità del parcheggio delle macchine in un cortile comune, deve essere valutata, caso per caso, in relazione al duplice limite, posto dall’articolo 1102 del Codice civile: quello di non alterare la destinazione del bene comune e di non impedire ad alcuno dei partecipanti di farne uso secondo il suo diritto.


E non basta che il regolamento condominiale vieti la prassi di parcheggiare all'interno del cortile: infatti la Corte non ha ritenuto di poter ricavare un divieto di parcheggio "dal regolamento condominiale, in quanto il medesimo risulta essere privo di efficacia vincolante per i singoli condomini, perché non accettato nei singoli contratti di acquisto delle relative porzioni dell'immobile".

venerdì 13 febbraio 2009

DUE CONSIDERAZIONI SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

Volevo fare due brevissime considerazioni a proposito del dibattito scatenatosi attorno alla triste vicenda di Eluana.


Per quanto riguarda la prima considerazione voglio partire dalla nostra Costituzione che all'articolo 32 comma 2 così statuisce: "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Dunque, la Costituzione pone al centro l'individuo come unico responsabile delle scelte riguardanti la propria salute (fatti salvi casi eccezionali che devono essere previsti dalla legge, solitamente a tutela della salute pubblica: si pensi alle vaccinazioni). Perciò, appurato che la volontà di una persona è quella di non prestarsi a determinati trattamenti (nel novero dei quali va senz'altro compresa l'alimentazione artificiale) nessuno dovrebbe opporsi a tale scelta, essendo appunto quest'ultima una libertà costituzionalmente garantita.


Secondo punto: in uno stato di diritto tutto ciò che non è vietato deve considerarsi lecito, ragion per cui, di fatto, la possibilità di redigere un testamento biologico può essere considerata già esistente. Non serve affatto una legge che, anzi, probabilmente complicherebbe le cose. Come per qualsiasi testamento è sufficiente redigere un testamento olografo (ovvero scritto per l'intero di proprio pugno e sottoscritto) oppure recarsi da un notaio e ufficializzare dinanzi a lui la volontà di non continuare a sopravvivere attaccati per sempre ad una macchina o colpiti da un'irreversibile lesione cerebrale.

martedì 10 febbraio 2009

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI PUBBLICI PER I DANNI SUBITI DAGLI UTENTI A CAUSA DEL CATTIVO STATO DI MANUTENZIONE DELLE STRADE

La Corte di Cassazione, recentemente, è tornata ad occuparsi della responsabilità degli Enti Pubblici per i danni subiti dagli utenti a causa del cattivo stato di manutenzione delle strade.


In caso di danno alle cose o alla persona causate da una buca presente sul manto stradale, è destinato a trovare automatica applicazione l’art. 2051 c.c. (ciascuno è responsabile del danno cagionato  dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito) che, configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, configura un regime certamente favorevole alla parte danneggiata.


La Sentenza 2 dicembre 2008 - 23 gennaio 2009, n. 1691, in primo luogo, puntualizza per l’ennesima volta il presupposto di fatto per l’applicazione anche alle amministrazioni pubblica della disciplina dettata in tema di responsabilità da cose in custodia, rappresentato dalla possibilità concreta per l’ente, avuto riguardo all’estensione della rete stradale di riferimento, di esercitare un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi.


La Corte afferma, inoltre, che non può sostenersi che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che così risponderebbe direttamente in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce soltanto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale, proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 del vigente Codice della strada, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 cc.


Dunque, l’affidamento in appalto della manutenzione stradale ad una o più ditte private non trasferisce l’obbligo di custodia del bene demaniale dal Comune alle imprese appaltatrici; anche in questo caso, permane in capo all’Ente proprietario il dovere di sorveglianza, espressamente posto a suo carico dell’art. 14, C.d.S..


Con riferimento alla manutenzione delle strade, in altri termini, il principio, peraltro sancito dalla stessa Corte di Cassazione (Cass. 7755/07) per cui “l'appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera”, non può trovare applicazione, atteso che tale principio è destinato ad operare solo se vi sia il trasferimento totale, da parte del committente all’appaltatore, del potere fisico sulla cosa.


Nel caso di una strada pubblica, un simile totale trasferimento non può avere luogo, in quanto il Comune non può spogliarsi del dovere, di fonte pubblicistica, di curare la manutenzione, la gestione e la pulizia delle strade, sancito dal citato art. 14, C.d.S..