martedì 29 novembre 2016

NIPOTI AGISCONO PER IL RISARCIMENTO DEI DANNI NON PATRIMONIALI CONSEGUENTI AL DECESSO DELLA NONNA IN UN INCIDENTE STRADALE: PER LA CASSAZIONE NON E’ NECESSARIA LA CONVIVENZA PER DIMOSTRARE LA PERDITA DEL RAPPORTO PARENTALE

Tre nipoti si rivolgevano al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei danni che avrebbero subito in conseguenza del decesso della nonna, avvenuto a seguito di un sinistro stradale, allorché la stessa si trovava, quale trasportata, a bordo dell’auto condotta da suo marito.
Tuttavia il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, dopo, conformandosi ad un orientamento giurisprudenziale che pareva consolidato (vedasi al riguardo Cass. 4253/2012), rigettavano le domande attoree, poiché tra i nipoti e la nonna deceduta non vi era un rapporto di convivenza.
La giurisprudenza di merito e di legittimità, infatti, ha costantemente affermato che il fatto illecito, costituito dall’uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, “allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare”; perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da “soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) sarebbe necessario che sussista una “situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21230/2016, ha però ritenuto di non condividere quest’ultima parte del predetto orientamento giurisprudenziale, ritenendo al contrario che “il rapporto nonni-nipoti non debba essere ancorato alla convivenza per essere giuridicamente qualificato e rilevante”. Secondo la Suprema Corte risulterebbe, pertanto, ingiustificata ed illogica l’esclusione del diritto dei nipoti ad ottenere il risarcimento, qualora tra questi ultimi ed il nonno defunto non sussistesse, oltre a quello parentale, un rapporto di convivenza; per la Cassazione deve, invece, riconoscersi la possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.
La Corte, peraltro, nell’argomentare la propria decisione, evidenzia che non è corretto limitare la società naturale della famiglia, cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione, all’ambito ristretto della sola famiglia nucleare, incentrata su coniuge, genitori e figli. Il nostro ordinamento, infatti, riconosce ed afferma, attraverso numerose disposizioni di legge contenute nel codice civile, l’esistenza tra nonni e nipoti di uno stretto vincolo di parentela (al riguardo una menzione particolare merita l’art. 317 bis c.c., secondo cui gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, con la possibilità per i predetti di ricorrere al giudice nel caso in cui l’esercizio di tale diritto sia impedito): conseguentemente risulta innegabile la rilevanza giuridica, oltre che affettiva e morale, del rapporto tra nonni e nipoti.
Inoltre, la Cassazione evidenzia che perché possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori della famiglia nucleare (e, dunque, nonni, nipoti, genero, nuora), non è affatto necessaria la convivenza, (la quale, secondo il precedente orientamento giurisprudenziale qui confutato dalla Cassazione, era qualificata “quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico”). A giudizio della Suprema Corte deve riconoscersi anche al nipote non convivente il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale, “non dovendosi attribuire importanza decisiva ad un elemento estrinseco, transitorio e del tutto casuale quale è quello della convivenza, di per sé poco significativo”. Al riguardo, infatti, la Corte osserva come sia lecito ipotizzare convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da necessità economiche, egoismi o altro e, d’altro canto, “non convivenze” determinate da qualsivoglia esigenza ma che non implicano, di per sé, carenza di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarietà.

Nessun commento:

Posta un commento