Tre
nipoti si rivolgevano al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei
danni che avrebbero subito in conseguenza del decesso
della nonna, avvenuto a seguito di un sinistro stradale, allorché la stessa si
trovava, quale trasportata, a bordo dell’auto condotta da suo marito.
Tuttavia
il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, dopo, conformandosi ad un
orientamento giurisprudenziale che pareva consolidato (vedasi al riguardo Cass. 4253/2012), rigettavano le domande
attoree, poiché tra i nipoti e la nonna deceduta non vi era un rapporto di
convivenza.
La giurisprudenza di merito e di legittimità, infatti, ha costantemente
affermato che il fatto illecito, costituito dall’uccisione del congiunto, dà
luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del
rapporto parentale, “allorché colpisce
soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione
lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della
scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare”;
perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale
subita da “soggetti estranei a tale ristretto
nucleo familiare” (quali i
nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) sarebbe necessario che sussista una “situazione di convivenza, in quanto
connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di
parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi,
pratica della solidarietà e sostegno economico”.
La
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21230/2016, ha però ritenuto di non
condividere quest’ultima parte del predetto orientamento giurisprudenziale, ritenendo
al contrario che “il rapporto nonni-nipoti non debba
essere ancorato alla convivenza per essere giuridicamente qualificato e
rilevante”. Secondo la
Suprema Corte risulterebbe, pertanto, ingiustificata ed illogica l’esclusione del
diritto dei nipoti ad ottenere il risarcimento, qualora tra questi ultimi ed il
nonno defunto non sussistesse, oltre a quello parentale, un rapporto di convivenza;
per la Cassazione deve, invece, riconoscersi la possibilità di provare in
concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto
e solidarietà con il familiare defunto.
La Corte, peraltro, nell’argomentare la propria decisione, evidenzia
che non è corretto limitare la società
naturale della famiglia, cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione,
all’ambito ristretto della sola famiglia
nucleare, incentrata su coniuge, genitori e figli. Il nostro
ordinamento, infatti, riconosce ed afferma, attraverso numerose disposizioni di
legge contenute nel codice civile, l’esistenza tra nonni e nipoti di uno
stretto vincolo di parentela (al riguardo una menzione particolare
merita l’art. 317 bis c.c., secondo cui gli ascendenti hanno diritto di
mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, con la possibilità per
i predetti di ricorrere al giudice nel caso in cui l’esercizio di tale diritto
sia impedito): conseguentemente risulta innegabile la rilevanza giuridica,
oltre che affettiva e morale, del rapporto tra nonni e nipoti.
Inoltre, la Cassazione evidenzia che perché possa ritenersi leso
il rapporto parentale di soggetti al di fuori della famiglia nucleare (e,
dunque, nonni, nipoti, genero, nuora), non è affatto necessaria la
convivenza, (la quale, secondo il precedente orientamento giurisprudenziale
qui confutato dalla Cassazione, era qualificata “quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei
rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli
affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico”). A
giudizio della Suprema Corte deve riconoscersi anche al nipote non convivente
il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale da lesione
del rapporto parentale, “non
dovendosi attribuire importanza decisiva ad un elemento estrinseco, transitorio
e del tutto casuale quale è quello della convivenza, di per sé poco
significativo”. Al riguardo, infatti, la Corte osserva come sia lecito
ipotizzare convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da
necessità economiche, egoismi o altro e, d’altro canto, “non convivenze”
determinate da qualsivoglia esigenza ma che non implicano, di per sé, carenza
di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarietà.
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