martedì 27 settembre 2016

COMMETTE IL REATO DI CALUNNIA CHI DENUNCIA DI AVERE SMARRITO L'ASSEGNO DOPO AVERLO CONSEGNATO AL PRENDITORE

La Corte di cassazione, con la sentenza 26 settembre 2016 n. 40021, è tornata ad affrontare e a giudicare una cattiva abitudine di molti italiani, evidentemente più diffusa di quanto si possa credere, ossia quella di denunciare lo smarrimento di un assegno (se non addirittura il suo furto), dopo averlo consegnato al prenditore, e ciò allo specifico fine di evitare che quest’ultimo lo incassi. Le ragioni di tale comportamento possono essere le più varie: ad esempio, esso può trarre origine da una mancanza di fondi, sicché chi ha emesso l’assegno intende così evitare il protesto del titolo, oppure all’interno di una compravendita può dipendere da sopravvenute divergenze tra venditore e acquirente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo voglia revocare un pagamento già effettuato a mezzo assegno.
Ebbene, la Cassazione ricorda che risponde del reato di calunnia chi denuncia di aver smarrito un assegno dopo averlo liberamente consegnato al prenditore. 
Il reato di calunnia è previsto e punito dall’articolo 368 c.p., il quale così recita: “chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni” (peraltro, sono previsti aumenti di pena nei casi in cui la calunnia nei confronti di taluno riguardi ipotesi di reati particolarmente gravi oppure nei casi in cui essa abbia determinato una condanna ai danni della persona ingiustamente accusata).
E’ importante sottolineare che il reato di calunnia, all’interno del codice penale, è collocato fra i delitti contro l’amministrazione della giustizia, poiché esso è in grado di offendere, non solo la rispettabilità del soggetto calunniato, ma anche il regolare svolgimento dell’amministrazione della giustizia da parte dello Stato, dal momento che la denuncia, benché falsa, mette in moto un procedimento penale.
Con la citata sentenza, la Cassazione spiega che “integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando così il primo, ai danni del prenditore del titolo, le tracce del reato di furto o di ricettazione”.
Inoltre, la Suprema Corte precisa che in tali ipotesi deve ritenersi integrato il delitto di calunnia, pur non essendo formulata una diretta accusa di uno specifico reato; deve notarsi, infatti, che nel denunciare lo smarrimento degli assegni, l’emittente non incolpa alcuno della commissione di uno specifico reato. Tuttavia, la Cassazione rinviene anche nella semplice denuncia di smarrimento degli assegni la natura di reato di pericolo (categoria che abbraccia tutti quei reati che mettono in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma, nel caso specifico l’amministrazione della giustizia) della calunnia, dovendo ritenersi prevedibile l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile d’ufficio a carico di persona determinata.
Del resto, la norma penale di cui all’art. 368 c.p. prevede che il delitto di calunnia possa essere realizzato anche simulando le “tracce” (ossia, gli indizi materiali) di un reato: nel caso specifico la presentazione di una falsa denuncia, avente ad oggetto fatti idonei a determinare l'apertura di un procedimento penale nei confronti di una persona determinata, deve senza dubbio essere considerata come una condotta diretta a simulare le tracce di un reato.
In definitiva, dunque, integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente idonea a determinare l'avvio di un procedimento penale nei confronti di una persona che si sa innocente, non essendo necessario che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie delittuosa, né che siano corredati dalla qualificazione giuridica appropriata.

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