venerdì 29 ottobre 2010

SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA


Si fa un gran parlare della riforma della Giustizia. Vorrei esprimere il mio modesto parere da operatore.
Innanzitutto, reputo che la riforma della Giustizia dovrebbe partire da quella Civile: è un concetto che ripeto da molto tempo (e che, per fortuna, ha abbracciato anche il Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia). La lentezza della Giustizia Civile, oltre che costituire un grave vulnus per la convivenza sociale del nostro paese, rappresenta la causa principale di crisi economica per moltissime aziende, soprattutto quelle piccole. Col sistema attuale, infatti, basato su un processo che deve rispettare stupidi, quanto inutili termini temporali, i procedimenti durano un tempo assolutamente vergognoso per uno stato occidentale.
Dunque, essendo praticamente impronosticabile la durata di un processo (anche solo per ciò che riguarda il primo grado di giudizio), moltissime realtà imprenditoriali vedono frustrato il proprio diritto (è bene ricordarlo, costituzionalmente garantito) di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi. Da tale situazione discende una orribile distorsione: le imprese più solide, a volte quelle più grandi, altre volte semplicemente quelle che non viaggiano, per così dire, sul filo del rasoio, si sentono in diritto di mantenere comportamenti assolutamente inqualificabili, arrivando ad imporre ai propri creditori tempi e modi per il pagamento delle loro spettanze.
Infatti, le piccole imprese, quando si trovano nella posizione di essere creditrici di aziende più grandi, imboccano una sorta di vicolo cieco: sono costrette a lavorare a prezzi stracciati per rimanere nel mercato (fra l'altro vessate da un fisco iniquo) e a dovere rincorrere i pagamenti da parte dei propri clienti, sapendo bene che l'azione giudiziaria costituirebbe un costo immediato notevole fra avvocati e spese di giustizia, oltretutto senza la garanzia di giungere ad una pronuncia favorevole in tempi rapidi; e quando anche la sentenza dovesse essere favorevole, si aprirebbe il girone dantesco dell'esecuzione del provvedimento giudiziario.
Infatti, quando (dopo moltissimi soldi spesi e dopo anni di fatiche) si raggiunge una sentenza o un decreto ingiuntivo, la legge mette a disposizione dell'onesto cittadino e dell'impresa onesta pochissimi strumenti, i quali sono facilmente aggirabili da chi ha interesse a che la sentenza o il decreto non produca i propri effetti. I pignoramenti mobiliari ed immobiliari (i quali, anch'essi, comportano costi non indifferenti fra avvocati e spese di giustizia) in molti casi risultano infruttiferi. E ciò avviene senza che il debitore subisca alcuna conseguenza negativa.
Chi opera all'interno della macchina Giustizia conosce molto bene quello che dico ma lo conosce bene anche un numero incalcolabile di imprenditori e professionisti. Purtroppo, lo stato italiano non ha avuto, sino ad ora, la lungimiranza per capire che, velocizzando la Giustizia Civile, trarrebbero vantaggi fette enormi dell'economia nazionale.
Ultimamente il legislatore ha inteso risolvere l'arretrato del Giustizia Civile con l'introduzione della cosiddetta Mediazione: per quanto mi riguarda si tratta di una scelta nefasta. In sostanza lo Stato dice al cittadino: non avendo mezzi per risolvere il tuo problema, cerca di risolvertelo da solo, rivolgendoti insieme alla tua controparte ad un giudice privato (il mediatore, che verrà profumatamente pagato) che nella migliore delle ipotesi ti consiglierà di accordare uno sconto al tuo debitore. Sicchè, avverrà questo: un'impresa ha lavorato onestamente, ha consegnato, ad esempio, una macchina che lavora l'acciaio ad una cliente più grande, questa macchina è costata 90.000 euro a chi l'ha prodotta e viene venduta al prezzo di 100.000 euro (dunque, il guadagno per l'impresa più piccola è di 10.000 euro), l'impresa grande si rifiuta di pagare, anche senza motivo, allora quella piccola si rivolge ad un mediatore e questo cercherà di far capire a chi è nel giusto che si deve accontentare di chiedere solo 90.000 euro, perchè quanto meno si copre il buco in banca. Insomma, si arriverà a lavorare gratis.
La soluzione per la Giustizia italiana risiede non nella Mediazione ma su questi fondamentali pilastri: 1) fondi da destinare per la nomina di nuovi magistrati e cancellieri e per l'ammodernamento e l'informatizzazione delle strutture giudiziarie; 2) una riforma del processo civile che vada nella direzione di rendere possibile una sentenza in primo grado nel giro di 6 mesi dall'inizio del procedimento; 3) una riforma del processo esecutivo che consenta ai creditori di potere porre in atto i provvedimenti favorevoli e che comporti sanzioni, anche penali, nei confronti delle imprese che si comportano in maniera scorretta.
Due righe si debbono anche alla Giustizia Penale, argomento tanto caro ai pluripregiudicati che siedono in Parlamento.
Sì, il processo penale deve essere breve ma anche qui la rapidità deve essere conseguita, innanzitutto, con un potenziamento del personale e delle strutture.
La prescrizione all'italiana è profondamente sbagliata: altro che abbreviarla! Negli altri stati la prescrizione dei reati corre fino a che non sei scoperto: ma quando il processo inizia la prescrizione si arresta per sempre. Ciò fa sì che gli avvocati debbano fare il loro lavoro, ossia difendere i propri assistiti, e non, come avviene in Italia, cercare ogni espediente per rimandare il processo affinchè sopraggiunga la prescrizione ed il processo non si celebri affatto o produca sentenza farlocche (come quella che ha ritenuto Andreotti responsabile dei fatti addebitatigli ma che lo ha assolto perchè il reato era stato commesso troppi anni addietro).
Assurdo poi considerare il Pubblico Ministero, così come lo ha definito il signor Berlusconi, avvocato dell'accusa: in Italia il Pubblico Ministero non deve punire chi è innocente ma deve cercare la verità, chiedendo lui stesso, quando lo ritiene, l'assoluzione dell'imputato. Il suo è un ruolo di garanzia. E' per tale motivo che appartiene allo stesso ordine del magistrato giudicante. Entrambi debbono cercare la verità. Sarebbe, pertanto, fonte di grave insicurezza sociale avere Pubblici Ministeri pagati per punire. Mi auguro che questa sciocchezza riprenda la strada dalla quale è venuta.


 

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