mercoledì 24 giugno 2009

DIVIETO DI LICENZIAMENTO DELLE LAVORATRICI PER CAUSA DI MATRIMONIO

Oggi intendo trattare di una materia molto interessante, particolarmente in questo periodo di crisi economica, ossia il diritto del lavoro. Precisamente voglio soffermarmi su una normativa di notevole importanza che spesso viene trascurata dai datori di lavoro e dai lavoratori. Mi riferisco alla legge n. 7 del 1963.


L'articolo 1 della suddetta legge stabilisce che "le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte". La legge precisa che "si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio".


Questa norma è di fondamentale importanza, provvedendo a tutelare le lavoratrici che intendono contrarre matrimonio.


Al datore di lavoro la legge consente di "di provare che il licenziamento della lavoratrice, avvenuto nel periodo di cui al terzo comma, è stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle ipotesi previste dalle lettere a), b), c) del secondo comma dell'art. 3 della legge 26 agosto 1950, n. 860". Queste tre ipotesi riguardano a) una colpa da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro (ad esempio il furto sul posto di lavoro); b) la cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; oppure c) l'ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine per il quale è stato stipulato.


Va precisato che la "giusta causa" è un concetto diverso dal cosidetto "giustificato motivo oggettivo". La "giusta causa" di licenziamento è un termine usato dal codice civile italiano (art. 2119 c.c.) per riferirsi ad un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto neppure a titolo provvisorio (in sostanza: neppure per il tempo previsto per il preavviso di licenziamento). Tipico esempio di "giusta causa" è il furto di beni aziendali.


Il "giustificato motivo" (soggettivo) è un'ipotesi meno grave di inadempimento degli obblighi contrattuali, che giustifica il licenziamento ma con l'obbligo da parte del datore di lavoro di concedere il preavviso previsto (ovvero di pagarne il relativo ammontare). Ad esempio si può trattare di un abbandono ingiustificato del posto di lavoro.


Il "giustificato motivo" può essere anche oggettivo.  A volte, infatti,  il licenziamento è reso necessario da una riorganizzazione del lavoro, da ragioni relative all'attività produttiva (innovazioni tecnologiche, modifica dei cicli produttivi, ecc.), ovvero da una crisi aziendale. Nelle ipotesi, cioè, in cui l'azienda, per vari motivi, non ricava più utilità dal lavoro svolto da quel dipendente, o, in generale, da una categoria di dipendenti.


Applicando questi concetti alla legge n. 7 del 1963 della quale ci stiamo occupando, risulta evidente come il licenziamento per giustificato motivo, intimato dal datore di lavoro alla lavoratrice che ha già effettuato la richiesta delle pubblicazioni matrimoniali, sia radicalmente nullo. Infatti, come detto, il datore di lavoro può evitare la presunzione di nullità del licenziamento solo allorquando lo stesso sia dovuto ad una "giusta causa", ossia ad una ipotesi ben più grave di quella sottesa ad un "giustificato motivo".


L'articolo 2 della legge n. 7 del 1963 afferma, infine, che "la nullità dei licenziamenti di cui all'art. 1 importa la corresponsione, a favore della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio. La lavoratrice che, invitata a riassumere servizio, dichiari di recedere dal contratto, ha diritto al trattamento previsto per le dimissioni per giusta causa, ferma restando la corresponsione dellaretribuzione fino alla data del recesso".

1 commento: