giovedì 19 gennaio 2012

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU’ AFFASCINANTE DELLE LETTURE – ARTICOLO 27

Costituzione della Repubblica italiana, articolo 27: "La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte".


Il principio di "personalità della responsabilità penale" rappresenta il principio fondamentale per l'imputazione soggettiva del fatto illecito: affermando che "la responsabilità penale è personale", l'articolo 27 della Costituzione, di fatto, rende inammissibile qualsiasi forma di responsabilità per fatto altrui; il soggetto sottoponibile a pena non può essere che l'autore del fatto illecito. Tale principio svolge una funzione di garanzia: quella di impedire che taluno posa essere sottoposto a sanzioni penali in conseguenza di eventi non riconducibili alla sua sfera di azione e di potenziale controllo personale. Il principio di "personalità della responsabilità penale" esige, dunque, quale presupposto della responsabilità, la "colpevolezza soggettiva"; quest'ultima si manifesta in due forme: dolo (sussistente quando la persona che ha commesso l'azione o l'omissione, prevista dalla legge come reato, ha voluto l'evento dannoso o pericoloso) o colpa (sussistente quando l'evento dannoso o pericoloso non è voluto dall'agente ma si verifica a causa della sua negligenza o imperizia o imprudenza).


L'articolo 27 della Costituzione pone anche il principio di "presunzione d'innocenza" laddove afferma che "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Da ciò discende che, in pendenza del processo, l'imputato ha diritto di essere trattato alla stregua di qualsiasi altra persona, senza alcun pregiudizio di colpevolezza che possa socialmente o moralmente sminuirlo nei confronti degli altri cittadini, sino al momento in cui non intervenga una condanna definitiva a sancire la sua responsabilità come autore di un illecito penale. Inoltre, la "presunzione di non colpevolezza" comporta l'onere della prova sia a carico dell'accusatore, nel senso che non è l'imputato a dover provare la propria innocenza ma è l'antagonista a doverne provare la colpevolezza.


Qualora l'imputato venga riconosciuto colpevole del reato ascrittogli "la pena non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e deve tendere alla rieducazione del condannato": con tale affermazione la Costituzione introduce il principio della "tendenza rieducativa della pena".  Rieducare il condannato significa riattivare il rispetto dei valori fondamentali della vita sociale; la rieducazione non può essere intesa se non come sinonimo di "recupero sociale", di "reinserimento sociale", di "risocializzazione". La Costituzione ha, così, voluto espressamente bandire ogni trattamento disumano e crudele che non sia inscindibilmente connesso alla restrizione della libertà personale. E come corollario del principio di umanizzazione, nello stesso art. 27 della Costituzione è espressamente escluso il ricorso alla pena di morte.

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