giovedì 5 giugno 2008

SANZIONI PECUNIARIE PROPORZIONATE AL REDDITO E AL PATRIMONIO


Credo che la sicurezza sulle strade sia un argomento importante che richiederebbe un'ampia discussione. Io, però, voglio concentrarmi su un particolare aspetto che ritengo interessante: il sistema delle sanzioni pecuniarie previste dal codice della strada.


Il codice della strada serve a regolare il vivere civile lungo le nostre strade, sanzionando all'occorrenza i trasgressori di quelle che sono le regole preordinate alla nostra sicurezza. Le sanzioni, in esso previste, dovrebbero funzionare da deterrente nei confronti di conducenti temerari. Eppure, nonostante il complesso articolato di norme di cui è composto, nonostante le sanzioni in esso previste, nonostante il continuo inasprimento di esse, il tasso di mortalità sulle strade non diminuisce in modo molto significativo. ll bilancio generale, resta, purtroppo, molto pesante: in media 617 incidenti al giorno, con 15 morti e 860 feriti. Perchè?


Ritengo che quello che dovrebbe essere un sistema finalizzato all'educazione stradale si stia trasformando in un sistema finalizzato al "fare cassa". A mio modo di vedere ciò è testimoniato dal fatto che si perde sempre più di vista quello che è (o dovrebbe essere) un criterio cardine del codice della strada: ossia la proporzionalità tra la pena relativa ad una trasgressione e la condizione economica del trasgressore. Bisogna, al riguardo, ricordare che l'art. 195 del codice della strada stabilisce che "nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dal presente codice, tra un limite minimo ed un limite massimo, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità del trasgressore e alle sue condizioni economiche".


In sistemi giuridici penali come quello Svedese, Finlandese e Norvegese, nonchè in quello Tedesco il sistema delle sanzioni pecuniarie è fortemente e strettamente legato alla condizione economica del soggetto trasgressore. Si veda a tal proposito il  codice penale tedesco il quale prevede che la pena pecuniaria venga comminata in tassi giornalieri. Il giudice determina l’importo di un tasso giornaliero tenendo in considerazione le condizioni personali ed economiche dell’autore. Di regola, ci si basa sul guadagno netto che l’autore realizza o potrebbe realizzare mediamente in un giorno. Ai fini della commisurazione del tasso giornaliero possono essere valutati gli introiti dell’autore, il suo patrimonio ed altri elementi. Anche il nostro codice penale prevede una norma (l’art. 133 bis) tendente a collegare “le condizioni economiche del reo“ alla determinazione dell’ammontare della multa o dell’ammenda.


Secondo la mia opinione, questa è la direzione su cui puntare in tema di sanzioni conseguenti ad infrazioni stradali. E ciò risulta perfettamente coerente col nostro articolo 3 della Costituzione il quale ricorda come tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge. Infatti, l'uguaglianza dei cittadini non sta affatto nel trattare tutti allo stesso modo ma nel trattare diversamente ciascuno a seconda della propria condizione. Inoltre, è bene sottolineare come l'articolo 27 della Costituzione espressamente ricordi che le pene (e le sanzioni in genere) devono tendere alla rieducazione.


In Italia, invece, il sistema delle sanzioni riguardanti la commissione di infrazioni stradali sembra invece dimenticarsi del ruolo pedagogico che dovrebbe svolgere. Pare, infatti, che le multe stradali siano solo un veicolo per riempire le casse pubbliche. La pena pecuniaria dovrebbe, invece, servire da educatrice, incidendo su tutti i conducenti (abbienti o meno che siano) in modo omogeneo: ma ci rendiamo conto che ciò non avviene; principalmente perché molti di quelli che infrangono le norme basilari per la sicurezza stradale, causando tragici incidenti, non si curano di dovere pagare multe, anche molto salate, di alcune centinaia di euro. Si veda l’esempio dell’incidente, nel quale ha perso la vita una donna, causato da un uomo alla guida di un grosso SUV, il quale ha provocato lo scontro tra un tram e un autobus in Corso di Porta Vittoria a Milano qualche mese orsono: il conducente in questione “vantava” decine di multe a suo carico.


Poniamo un caso concreto: avere superato di 15 km/h il limite previsto su un tratto di strada comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 148 a euro 594. Per una persona con uno stipendio medio di € 1.000,00 tale sanzione è molto (non uso il termine troppo poichè non intendo giustificare chi infrange le regole) severa. Lo stesso non può dirsi per una persona che può disporre di un reddito 10 volte maggiore.


La mia conclusione è che le sanzioni per le infrazioni stradali (anche in ossequio all’art. 195 cod. strad.) devono essere più strettamente legate all’effettiva condizione economica del reo altrimenti, stando così le cose, si hanno due semplici ed ingiuste conseguenze: i più colpiti restano sempre i cittadini comuni i quali, nel commettere un errore alla guida, possono subire una sanzione pecuniaria decisamente severa (che può in alcuni casi persino compromettere il bilancio familiare mensile); d’altro canto, chi dispone di maggiori mezzi finanziari non sarà mai portato a rispettare le regole.


Ho sempre odiato qualunque sistema che consentisse, pagando, di infrangere a proprio piacimento le regole. Perciò penso che anche in tema di sicurezza stradale occorra far sì che chi è più ricco sia intimorito all’idea di subire una sanzione allo stesso modo di quanto lo possa essere una persona con finanze più comuni.


 

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