venerdì 30 gennaio 2009

INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO

Oggi si è tenuta la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Come ogni anno vi è stata la relazione sull'amministrazione della giustizia relativamente all'anno appena trascorso da parte del Primo Presidente della Corte di Cassazione. Personalmente ritengo utile per tutti gli operatori del diritto (e anche per tutti i privati cittadini e le imprese che hanno a cuore il buon andamento della giustizia italiana) leggere con attenzione le parole pronunciate da Vincenzo Carbone.


Perciò, eccone il link: relazione del Procuratore Generale della Corte di Cassazione.


Mi permetto di segnalare alcuni passi molto interessanti.



"Il primo dato critico deriva dallo scoraggiante confronto con gli altri Paesi. Cominciamo con quelli più vicini a noi. Il Premier Président Vincent Lamanda, nell‟inaugurazione dell‟anno giudiziario della Cour de cassation (avvenuta il 7 gennaio 2009), ha annunciato i dati relativi alla Francia: 15 mesi per un processo civile in Cassazione (che si vuole ridurre a 12 per l‟anno prossimo), 4 mesi per un processo penale. In Corte d‟appello 12 mesi, 7 mesi per i Tribunaux de grand instance e 5 mesi per gli altri Tribunali. Si tratta di mesi, non di anni. Purtroppo assai diversa la situazione italiana. Eppure, la spesa pubblica che la Francia dedica alla Giustizia è addirittura inferiore alla nostra (6,66 miliardi di euro per il 2009 in Francia; 7,56 miliardi di euro per il 2009 in Italia)...Nell‟ultimo rapporto Doing Business 2009, in tema di processo civile, i Paesi europei sono tra i primi 50 (Germania 9° posto, Francia 10°, Belgio 22°, Regno Unito 24°, Svizzera 32°). Solo la Spagna è ultima, al 54° posto. L‟Italia è la 156° su 181, dopo Angola, Gabon, Guinea, São Tome e prima di Gibuti, Liberia, Sri Lanka, Trinidad"...

In base al citato rapporto, che compara 181 sistemi economici, nel 2008 la durata stimata di un procedimento di recupero di un credito originato da una disputa di carattere commerciale era in Italia di 1.210 giorni, di 331 in Francia, di 394 in Germania, 316 in Giappone, 515 in Spagna".

"Non possiamo lasciare alle nuove generazioni una Giustizia inefficiente che diventa pericolosa, fonte di degrado etico, istituzionale ed economico".


"Un'ulteriore caratteristica del nostro tempo è il passaggio dall'abuso del diritto all'abuso del processo, per il raggiungimento di scopi diversi dalla soluzione della lite o per conseguire vantaggi economici. Si assiste sempre più spesso, infatti, ad un fenomeno di distorsione nell'utilizzo del processo, non più come strumento per risolvere una controversia ed accertare la regola applicabile al caso concreto, ma piuttosto come strumento di dilazione dei tempi nell‟adempimento di obbligazioni".



Molto interessante è stata anche la relazione del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Vitaliano Esposito.


"L’attività d’indagine e requirente nel settore della criminalità organizzata ha ottenuto importanti risultati nella funzione di coordinamento delle Direzioni distrettuali demandata alla Direzione nazionale.L’imponente materiale raccolto consente di valutare la persistente pericolosità delle organizzazioni criminali storiche, le cui ramificazioni sono ormai ben radicate anche in contesti diversi e alle quali si aggiungono nuove minacce. Particolarmente significativa è l’individuazione delle modalità con le quali le organizzazioni criminali hanno reagito alla crescente capacità investigativa e ai conseguenti risultati in termini di accertamento giudiziario. Ad esempio, Cosa Nostra sembra reagire con una ancora più ferrea strutturazione, su base familiare. Al contrario, la Camorra enfatizza le caratteristiche storiche di frammentazione e fluidità di un fenomeno criminale lontano dai modelli di organizzazione piramidale propri della mafia siciliana: caratteristiche che, lungi dal rivelarsi un fattore di debolezza, ne spiegano la straordinaria capacità di infiltrazione ed espansione affaristica.Sempre più preoccupante appare il ruolo della ‘Ndrangheta, la cui specificità e spiccata pericolosità è stata attestata dalla relazione approvata all’unanimità il 19 febbraio 2008 dalla Commissione parlamentare antimafia...I mezzi investigativi di maggior rilievo per i risultati conseguenti appaiono le intercettazioni di conversazioni – che si confermano essere indispensabili per l’accertamento dei delitti di criminalità organizzata – e il contributo di collaboratori provenienti dalle organizzazioni criminali"

venerdì 23 gennaio 2009

SIGARETTE LIGHT: PUBBLICITA' INGANNEVOLE

In tema di pubblicità ingannevole, la Corte di Cassazione, con la sentenza 15 gennaio 2009, n. 794, ha stabilito che l'apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto (si ricordi, al riguardo, l'art. 2043 c.c.: qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno), obbligando colui che l'ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall'esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento che vieti l'espressione impiegata.


Ciò non vuol dire che un consumatore, il quale lamenti di aver subìto un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, assolva al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio. Egli è tenuto, comunque, a provere l'esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonchè (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose.


Quanto alle sigarette "light" non è assolutamente vero che esse facciano meno male rispetto a quelle normali: esse, infatti, contengono, le stesse sostanze dannose del tabacco normale mentre sono solo ridotti i livelli di nicotina e catrami. Tuttavia, dato che la nicotina dà dipendenza, i fumatori, per compensare i bassi livelli di nicotina di queste sigarette, fumano più spesso o inalano con più intensità. Di conseguenza, aumenta l'ingestione di altre sostanze tossiche e alla fine la quantità di nicotina assunta è la stessa di quella assunta fumando sigarette normali.

venerdì 16 gennaio 2009

LA STRAGE DEGLI INNOCENTI


Duccio di Buoninsegna, La strage degli innocenti.


Sono profondamento afflitto dalle immagini e dalle notizie che giungono dal medio oriente. La guerra di oggi è una guerra più che mai nostra, di noi europei: non fosse altro perchè la nostra storia, la nostra cultura, le nostre origini nascono in buona parte lì dove ora si combatte.


Da cristiano mi sento profondamente legato alla terra di Gesù. E vedere dei bambini piangere o, peggio, venire feriti o, addirittura, uccisi mi ricorda inevitabilmente il passo del vangelo che racconta la strage degli innocenti perpetrata da Re Erode: allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò grandemente e mandò a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall'età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi.


Mi chiedo se l'uomo abbia ricevuto la condanna di ripetere nei secoli dei secoli gli stessi errori senza imparare mai. E' la conclusione più logica pensando alle innumerovoli atrocità commesse dalla specie umana. Ogni volta l'uomo ha promesso a se stesso di non ripetere più lo stesso errore ma è sempre ricaduto. E ciò che è peggio l'errore è stata commesso in una forma sempre più grave.


Passando velocemenete in rassegna la storia degli ultimi due millenni mi vengono in mente le opere più atroci commesse dall'uomo a partire dalla colonizzazione violenta degli antichi romani, le successive invasioni barbariche, il sanguinoso medioevo, la repressione dell'Inquisizione spagnola, lo sterminio delle popolazioni americane e sudamericane, la tratta degli schiavi africani, le due guerre mondiali, il genocidio non solo degli ebrei ma anche di armeni, cinesi, zingari, tutsi e di numerose altre popolazioni, la guerra di corea e quella del vietnam, le persecuzioni contro i cristiani in ogni parte del globo.


L'uomo non pare essere in grado di imparare dai propri errori. Agli occhi del sottoscritto, infatti, sembra inconcepibile come un popolo come quello ebraico, che ha subito una storia così lunga di repressioni e violenze culminate con l'olocausto nazista, non sia in grado di comprendere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato ma, anzi, diabolicamente scateni una violenza efferata nei confronti di vittime innocenti come i bambini che quotidianamente vengono assassinati.


Con ciò non voglio dire che Israele è il cattivo e i Palestinesi sono i buoni poichè per fare una guerra bisogna essere in due (gli americani usano dire che bisogna essere in due per ballare il tango): infatti, credo che sia impossibile vivere in uno stato nel quale ogni giorno accadono attentati kamikaze. Tuttavia, il modo col quale (non Israele in quanto popolo ma) i politici israeliani hanno voluto risolvere la questione rientra a buon diritto nel novero di quelli che si possono definire crimini contro l'umanità. Per tale ragione, auspico che gli attuali leader politici israeliani vengano debitamente processati presso il Tribunale dell'Aja.


Sono altresì convinto che analoghe responsabilità ricadano sulla testa dei leader politici palestinesi, i quali dovrebbero subire la stessa sorte degli omologhi israeliani.


Nel frattempo gli innocenti muoiono. Nel frattempo i poveri muoiono.


E gli europei?


Gli europei sono il peccato originale di tutta questa vicenda. Per capire ciò però occorre ripercorrere la storia.


Nel 70 d.c. il fallimento della grande rivolta ebraica contro l'Impero Romano provocò la massiccia espulsione degli Ebrei dalla loro patria o il loro volontario esilio (Diaspora ebraica). Da allora e per quasi duemila anni gli Ebrei continuarono a vivere come un popolo unito da origini culturali e religiose ma senza un patria comune. Pertanto, si stabilirono in Europa prima ed in America poi.


Intanto i territori che oggi chiamiamo Israele erano stati abitati dalla popolazione Palestinese. La Palestina rimase sotto il dominio dei turchi (Impero Ottomano) per 400 anni, fino a quando essi la persero alla fine della Prima guerra mondiale a favore della Gran Bretagna. La Gran Bretagna espresse con la dichiarazione di Balfour del 1917 l'intenzione di creare in Palestina, un focolare ebraico ("national home") che potesse dare asilo non soltanto ai pochi ebrei palestinesi che vi abitavano da secoli, ma anche agli ebrei dispersi nelle altre nazioni.


Gli arabi si ribelleranno a più riprese, con i moti palestinesi del 1920 e con i moti in Palestina del 1929.


Ciononostante, a seguito della massiccia immigrazione di popolazioni ebraiche provenienti in gran parte dall'Europa orientale, organizzata per lo più dal movimento sionista, la popolazione ebraica nella regione che poi sarebbe divenuta Israele, passò dalle circa 80.000 unità registrate nel 1918 a 175.000 nel 1931 e a 400.000 nel 1936.


A tale movimento migratorio, a partire dal 1935 e sino al 1939, si oppose, anche con la violenza, la maggioranza araba della popolazione locale, dando vita a quella che fu poi definita come Grande rivolta araba (1935-1939): un'esplosione di violenza e terrore tesa sia a rivendicare l'indipendenza dal mandato britannico e la creazione di uno Stato indipendente palestinese.


Vari movimenti sionisti, dotati di bracci militari clandestini, frattanto, e sin dalla metà degli anni '30, passarono ad operare attivamente per la creazione dello Stato d'Israele, operando violenze (a volte con caratteri terroristici) contro gli Arabi di Palestina e le istituzioni britanniche, provocando a loro volta centinaia di morti e feriti. Nel marzo 1939, alla fine della rivolta, secondo fonti britanniche, si contavano tra i caduti circa 5.000 arabi, 400 ebrei e 200 britannici, a cui andavano ad aggiungersi diverse centinaia di feriti da entrambe le parti.


Per porre fine alla grande rivolta, nel 1939 l'amministrazione britannica pose forti limitazioni all'immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei e respinse le navi cariche di immigranti ebrei in arrivo, purtroppo proprio alla vigilia della Shoah.


Nel 1947 l'Assemblea delle Nazioni Unite (che allora raccoglieva una minima parte - quelli più antichi, forti e spesso coloniali - degli stati odierni, nati per lo più all'epoca della decolonizzazione), dopo sei mesi di lavoro da parte dell'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell'Assemblea Generale n. 181, che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina, con la città e la zona di Gerusalemme sotto l'amministrazione diretta dell'ONU. Secondo il piano, lo stato ebraico avrebbe compreso tre sezioni principali, collegate da incroci extraterritoriali; lo stato arabo avrebbe avuto anche un'enclave a Giaffa.


Nella sua relazione l'UNSCOP si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che soddisfare le pur motivate richieste di entrambi era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni. Nel decidere su come spartire il territorio considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza) nel futuro territorio ebraico.


Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.


Lo stesso 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l'appena nato Stato di Israele. L'offensiva venne bloccata dall' esercito israeliano e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi, concausa all'esodo degli abitanti. La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949 e produsse 726mila profughi palestinesi; a loro ed ai loro discendenti è tuttora vietato il ritorno in territorio israeliano.


Il resto è storia di oggi.


Evidentemente la Gran Bretagna ha l'enorme responsabilità di avere voluto creare uno stato ebraico laddove di ebrei ce n'erano pochissimi (di certo meno di quelli presenti in Germania, in Fancia, in Russia, negli USA o in Italia). Che avremmo fatto noi italiani, per esempio, se per input di una nazione terza ci fosse stato tolto il nostro territorio, fosse consegnato alla popolazione ebraica e fossimo stati confinati in riserve molto simili a dei campi profughi?


La colpa di questa guerra, pertanto, è in grande parte dell'occidente. Tuttavia, sono i leader politici israeliani e quelli palestinesi ad avere ora le mani sporche di sangue: per gli orrori che hanno causato non sono neppure degni di essere chiamati esseri umani.