martedì 14 marzo 2017

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E APPLICABILITA’ DELL’ART. 131 BIS C.P. (NON PUNIBILITA’ PER PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO)

Con la sentenza n. 13681/2016 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, enunciando numerosi principi giuridici, hanno affermato l’applicabilità anche al reato di guida in stato di ebbrezza della causa di non punibilità introdotta nel codice penale all’art. 131 bis.
Il primo comma di tale articolo (rubricato “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”) afferma che “nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
Dunque, l’art. 131 bis c.p. introduce nell’ordinamento penale italiano la possibilità di considerare non punibile un comportamento, astrattamente riconducibile ad una fattispecie penalmente rilevante, laddove il danno o il pericolo da esso generato siano da considerarsi particolarmente tenui, e ciò in considerazione della concreta condotta tenuta dall’agente.
Ebbene, sia la dottrina che la giurisprudenza si sono interrogate sull’applicabilità di tale valutazione a reati per i quali, all’apparenza, sembrava che fosse già stato svolto a priori un giudizio circa il disvalore rilevante e quindi “non particolarmente tenue” della fattispecie criminosa. Infatti, nei reati come quello di guida in stato di ebbrezza (disciplinato e punito dall’art. 186 comma 2 c.d.s.) il legislatore ha previsto precise soglie al di sotto delle quali la presenza di alcool nel sangue è ritenuta lecita e sopra le quali, al contrario, il reato si considera integrato. Sembra, pertanto, preclusa, in casi di questo tipo, una valutazione che possa condurre ad una dichiarazione di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p.
Tuttavia, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13681/2016 ha stabilito che anche nell’ipotesi di guida in stato di ebbrezza si possa e, anzi, si debba operare una valutazione circa la condotta dell’agente e le conseguenze dannose (o di pericolo) determinate dal suo comportamento e, alla luce di tale giudizio, si possa applicare la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis.
Preliminarmente, la Cassazione ricorda che il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: 1) le modalità della condotta, 2) l'esiguità del danno o del pericolo, 3) il grado della colpevolezza. E per la Suprema Corte non esiste un'offesa tenue o grave in sé, bensì è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore; qualunque reato, persino l'omicidio, potrebbe essere considerato tenue (si pensi all’ipotesi in cui la condotta illecita abbia condotto ad abbreviare la vita solo di pochissimo).
Pertanto, a parere della Cassazione, l’art. 131 bis c.p. non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. E la valutazione circa la gravità del comportamento deve poggiare sull’accertamento dell’intensità del dolo e del grado di colpa, nonché sulla ponderazione dell’entità del danno o del pericolo. E proprio su quest’ultimo aspetto “nessuna precostituita preclusione categoriale è consentita, dovendosi invece compiere una valutazione mirata sulla manifestazione del reato, sulle sue conseguenze”. Dunque, l’art. 131 bis c.p. è applicabile anche al reato di guida in stato di ebbrezza (fattispecie rientrante nella categoria degli illeciti che presentano una soglia quantitativa che segna l'ambito di rilevanza penale del fatto o che regola la gravità dell'offesa). Infatti, anche in questo caso la valutazione deve riguardare la fattispecie concreta nel suo complesso e quindi tutti gli aspetti già menzionati (condotta, conseguenze del reato e colpevolezza). Ed è ovvio che quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo, tuttavia ciò va appurato in concreto. Al riguardo, la Cassazione presenta un esempio illuminante, quello dell'agente che, in stato di grave alterazione alcoolica integrante la fattispecie di cui all'art. 186, comma 2, lettera c) (ossia l’ipotesi più grave di guida in stato di ebbrezza), si pone alla guida di un'auto in un parcheggio isolato, spostandola di qualche metro e senza determinare alcuna situazione pregiudizievole; nella valutazione di tale comportamento ben potrebbe essere applicata la non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis c.p., dal momento che, in concreto, la condotta tenuta dall’agente ha determinato una situazione di pericolo valutabile come particolarmente tenue.

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