La Corte di Cassazione ha esaminato un caso interessante, avendo così modo di stabilire alcuni principi fondamentali in tema di responsabilità per omessa sorveglianza.
Ebbene, il caso in questione riguardava un bambino che, volendo giocare con un amico all'interno del cortile dell'abitazione di quest'ultimo, riceveva il consenso dal padre, il quale lasciava che il figlio giocasse all'interno del cortile dei vicini rassicurato dalla presenza della mamma dell'amico. Poiché quest'ultima non si era opposta alla presenza del bambino, il papà dello stesso riteneva che ella avesse implicitamente assunto la sorveglianza sul proprio figlio. I bambini stavano giocando con una spugna bagnata alla quale, dietro suggerimento del bambino ospitante era stato dato fuoco con un accendino che era andato a prendere in casa propria. La spugna aveva colpito il bambino ospite causandogli ustioni di terzo grado.
La corte di merito aveva conseguentemente ritenuto responsabile dell'incidente la mamma del bambino ospitante, ritenendo che su di essa gravasse un dovere di controllo sull'operato del figlioletto (tra l'altro avvezzo all'uso di fiammiferi).
La Suprema Corte con la sentenza 50606/2013 ha rigettato il ricorso dell'imputata, ritenuta responsabile del reato di lesioni colpose, rinvenendo su di essa una posizione di garanzia che le imponeva di vigilare sui
bambini affidati. Secondo la Cassazione tale dovere è da considerarsi "discendente dal tacito consenso prestato al padre del piccolo rimasto ferito di
lasciare li figlioletto nelle pertinenza esterne della sua abitazione a giocare
col di lei figlio e con altri compagni". In sostanza, afferma la Corte,
"acconsentendo a ciò, l’imputata assumeva gli stessi obblighi di vigilanza e di
custodia gravanti sul genitore per tutto il tempo in cui il bambino rimaneva
affidato alle sue cure, a nulla rilevando che la donna non abbia manifestato un
espresso consenso, dovendosi esso desumere da comportamenti concludenti quali
acconsentire che il piccolo si trattenesse negli spazi esterni della sua
abitazione, incompatibile con una volontà contraria".