giovedì 28 novembre 2013

CHIARIMENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN TEMA DI ASSEGNO DI DIVORZIO

La Corte di Cassazione con la sentenza del 27 novembre 2013 n. 26491 ha chiarito che “l’assegno periodico di divorzio, nella disciplina introdotta dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, modificativo dell’art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, ha carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua attribuzione trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate. Ove sussista tale presupposto, la liquidazione in concreto dell’assegno deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge" (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio).
In altre parole, la Suprema Corte spiega che il presupposto per l'attribuzione dell'assegno di divorzio sta nel concreto deterioramento (causato dal divorzio stesso) delle condizioni economiche di uno dei due coniugi: l'assegno svolge, dunque, la funzione di ripristinare la precedente situazione economica del coniuge più debole. Se manca questo presupposto (laddove, per esempio, un coniuge, ai fini transattivi, abbia già versato consistenti somme di denaro e altri beni mobili o immobili alla ex moglie, con lo scopo di ripristinare il precedente tenore economico familiare), l'assegno non può essere attribuito. Del resto, anche qualora il presupposto necessario per l'attribuzione dell'assegno sia stato accertato, la Corte chiarisce che la liquidazione in concreto di tale assegno debba essere effettuata in base ad una valutazione ponderata: occorre fare riferimento alle condizioni patrimoniali e reddituali attuali del coniuge al quale spetta l'assegno da rapportarsi al tenore di vita coniugale che deve essere ricostruito in maniera approfondita.

martedì 26 novembre 2013

I REATI INFORMATICI

I reati informatici sono quei reati che, in base ad una condivisibile definizione del cosiddetto "cyber crime" formulata dal Dipartimento della Giustizia Americano, rientrano in una di queste tre categorie: 1) the computer as a target, ossia il computer come obiettivo del reato (si pensi all'attacco perpetrato nei confronti di altri computer attraverso la diffusione di un virus); 2) the computer as a weapon, ossia il computer come arma usata per commettere un cosiddetto "traditional crime" (si pensi ad una truffa posta in essere attraverso l'uso del computer); 3) the computer as an accessory, ossia il computer come accessorio della fattispecie criminale già posta in essere (si pensi all'utilizzo del computer per conservare informazioni sottratte illecitamente). 
In Italia le fattispecie di reato previste dal codice penale sono principlamente: 1) la frode informatica (art. 640 ter c.p.: "chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032"); 2) l’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (615 ter c.p.: "chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni"); 3) la detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici e telematici (615 quater c.p.: "chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a euro 5.164"); 4) la diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (615 quinquies c.p.: "chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti ovvero di favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento, si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa sino a euro 10.329"); 5) l'intercettazione informatica e telematica (617 quater: "chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni"; si vedano anche gli artt. 617 quinquies e sexies)
A queste specifiche fattispecie si devono aggiungere anche quelle costituenti il corollario di fattispecie di reato già previste dal codice penale: si pensi ad esempio all'art. 616 c.p. (che punisce la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) laddove si precisa che per corrispondenza si intende anche quella informatica o telematica.
La truffa informatica, come detto prevista e punita dall'art. 640 ter c.p., costituisce probabilmente il reato più diffuso fra quelli testè menzionati e si manifesta attraverso tre fondamentali metodologie: 1) il cosiddetto "phishing" (esso è attuato da truffatori che inviano false e-mail apparentemente provenienti da una banca o da un'altra azienda della quale utilizzano il logo, il nome e l'impostazione grafica; l'utente, cliccando sul link presente nell'e-mail, si collega a un sito Internet del tutto simile a quello originale ma in realtà inserisce i dati personali in un altro sito), di fatto inducendo con l'inganno la vittima a fornire spontaneamente i propri dati sensibili; 2) lo "skimming" (esso ha luogo quando i dati memorizzati sulla banda magnetica di una carta di pagamento o di credito vengono copiati elettronicamente su un'altra carta, consentendo quindi agli autori della frode di impossessarsi dei fondi della carta stessa; in genere questa frode viene realizzata presso stazioni di servizio, ristoranti, bar e sportelli automatici. Le informazioni ottenute tramite lo skimming spesso vengono vendute a organizzazioni criminali), attraverso la copiatura dei dati contenuti in una carta magnetica; 3) il "pharming" (una forma di frode on-line molto simile al phishing; la differenza sta nel fatto che i "pharmer" si affidano a siti Web fasulli e al furto d'informazioni riservate per perpetrare truffe on-line, ma sono più difficili da individuare perché non fanno affidamento sul fatto che la vittima accetti il messaggio "esca"; invece di utilizzare falsi messaggi e-mail nei quali inducono gli utenti a fare clic su dei collegamenti, i pharmer reindirizzano le vittime direttamente sul sito Web fasullo, anche quando queste digitano correttamente l'indirizzo di una banca o altro servizio on-line nel browser Web), di fatto un dirottamento del computer della vittima.
E' importante evidenziare come all'interno dell'art. 640 ter c.p. sia stato recentemente introdotto un comma che prevede un’aggravante per il delitto di frode informatica “se il fatto è commesso con sostituzione dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti”. Si tratta per di più di un’aggravante a effetto speciale, in quanto prevede la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000. La ratio della norma deve essere individuata nel rendere più efficace il contrasto del preoccupante e crescente fenomeno del cosiddetto furto d’identità digitale, attraverso il quale vengono commesse frodi informatiche, talora con notevole nocumento economico per la vittima: l'autore di questo tipo di reato, infatti, teoricamente potrebbe aprire conti correnti bancari, emettere assegni contraffatti o azzerare il conto corrente della vittima; potrebbe, inoltre,  richiedere un finanziamento o acquistare merci con la formula del pagamento rateale e poi dileguarsi con il provento del reato che formalmente è stato acquistato a nome della vittima ed ancora richiedere carte di credito o aprire un conto telefonico.
Concludendo, si può affermare che la diffusione del computer e, con esso, di internet va di pari passo con la diffusione e la crescita di fenomeni delittuosi nuovi, come quelli summenzionati. Ciò che è certo è che la fenomenologia dei reati informatici costituisce lo studio più importante che d'ora in avanti sarà chiamato a compiere l'operatore del diritto. Infatti, il rapporto quotidiano che la stragrande maggioranza delle persone intrattiene con gli strumenti informatici e telematici pone tutti nella condizione di potere rivestire il ruolo di vittima o autore di reati informatici.

lunedì 4 novembre 2013

STILE DI VITA E TENORE DI VITA: DUE CONCETTI DISTINTI NELLA DETERMINAZIONE DELL'ASSEGNO DI DIVORZIO

La Corte di Cassazione, con la sentenza 16 ottobre 2013, n. 23442, afferma che "al fine dell'accertamento del diritto all'assegno divorzile non bisogna confondere lo stile con il tenore di vita. Anche in presenza di rilevanti potenzialità economiche un regime familiare può essere infatti improntato a uno stile di "understatement" o di rigore ma questa costituisce una scelta che non può annullare le potenzialità di una condizione economica molto agiata".
In sostanza la Suprema Corte dice che lo stile di vita, pur in presenza di rilevanti potenzialità economiche può essere “understatement", ovvero sottotono o dimesso, per scelta; ma tale scelta non elimina però le potenzialità di una condizione economica molto agiata (quale era quella della coppia di coniugi in questione). Nel caso trattato dalla Corte, inoltre, il matrimonio era stato particolarmente breve, così breve che in tale periodo la coppia non aveva praticamente convissuto e, di conseguenza, non si era neppure consolidato un regime di vita comune, avendo i due coniugi abitato nelle proprie residenze e proseguito ognuno lo stile di vita precedente. Tuttavia, tale circostanza non escludeva il diritto del coniuge economicamente più debole a percepire un assegno divorzile poichè, nella determinazione dell'assegno stesso, devono essere considerate anche le aspettative che derivano dalla convivenza con un coniuge possessore di un rilevante patrimonio immobiliare che si concretano in una legittima aspirazione ad un rilevante cambiamento di stile di vita. Anche tali aspettative concorrono a determinare il tenore di vita
Dunque, il tenore di vita da valutare non è tanto quello di fatto goduto durante il matrimonio, ma quello che le potenzialità economiche dei coniugi avrebbero consentito loro: concetto già espresso nella sentenza della prima sezione civile della Cassazione n. 6699/2009 che aveva parlato di irrilevanza del più “modesto tenore di vita subito o tollerato”. Infatti, “il tenore di vita goduto in costanza del matrimonio va identificato avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per il futuro".