lunedì 26 novembre 2012

PER LA CASSAZIONE E' ESTORSIONE QUANDO IL DATORE DI LAVORO OBBLIGA IL DIPENDENTE AD ACCETTARE UNA RETRIBUZIONE INFERIORE AI MINIMI RETRIBUTIVI

La Corte di Cassazione con la sentenza 30 ottobre 2012, n. 42352 ha stabilito che risponde di estorsione il datore di lavoro che obbliga i propri dipendenti ad accettare una retribuzione più bassa, rispetto ai minimi retributivi, dietro minaccia, anche indiretta, di licenziamento.


L'estorsione è il reato previsto e punito dall'art. 629 c.p.: "chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000".


Nel caso di specie un datore di lavoro aveva messo i propri dipendenti davanti all'alternativa secca di accettare una retribuzione inferiore ai minimi di legge o interrompere il rapporto di lavoro.


Ebbene, la Cassazione ha riscontrato il reato di estorsione nel caso de quo ed ha affermato che "l'evento ingiusto va rappresentato nell'interruzione del rapporto di lavoro essendo indifferente la causa del licenziamento o delle dimissioni essendo queste ultime un fatto solo apparentemente volontario ma, in effetti, sempre imposto dalla abusiva condotta altrui".

venerdì 23 novembre 2012

SINISTRO STRADALE: CONCORSO DI COLPA SE LA VITTIMA NON INDOSSAVA LE CINTURE DI SICUREZZA

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 42492/2012 del 31 ottobre 2012 ha stabilito che sussite concorso di colpa del danneggiato allorquando sia provato che quest'ultimo, vittima di un sinistro mortale a causa della manovra pericolosa di un altro automobilista, non indossasse le cinture di sicurezza al momento dell'incidente.



La Corte di Cassazione ha ritenuto, da un lato, che la circostanza del mancato utilizzo dei dispositivi di sicurezza obbligatori non possa giustificare, di per sè, l'esonero dalla responsabilità dell'imputato nel caso in cui tanto la colpa, quanto il nesso di causalità possano ritenersi provati. Tuttavia, il comportamento negligente della vittima del reato (nella fattispecie quello di non aver allacciato la cintura di sicurezza) costituisce una concausa che, in quanto tale, contribuisce alla realizzazione dell'evento nei termini in cui si è verificato e con le conseguenze che lo stesso ha prodotto ma, non potendo considerarsi causa diretta ed esclusiva dello stesso, non può assumere rilevanza ai fini dell'esclusione della responsabilità. D'altro canto, sostengono i giudici di legittimità, il mancato utilizzo della cintura di sicurezza da parte della persona offesa, ove rigorosamente accertato, non può non riversare le sue conseguenze in capo a quest'ultima sotto il profilo di una diminuzione del risarcimento accordatole. 
La sentenza é molto importante dal punto di vista penalistico perché nel caso in cui sia derivata la morte di qualcuno a causa della propria imprudenza, negligenza o imperizia alla guida verrà certamente emessa una sentenza di condanna per omicidio colposo ma la pena potrà essere diminuita.


giovedì 8 novembre 2012

LADRO IN FUGA DALLA POLIZIA PROVOCA UN INCIDENTE MORTALE: OMICIDIO VOLONTARIO

La Corte di cassazione con la sentenza 42973/2012 ha stabilito che integra la fattispecie di omicidio volontario la condotta della persona che, per sfuggire ad una volante della polizia, attraversa un incrocio con semaforo rosso provocando un incidente mortale.


La Suprema Corte ha sostenuto che ormai esiste un indirizzo “consolidato” nella giurisprudenza di legittimità per cui sussiste sempre il dolo (eventuale) - e quindi l’omicidio volontario - “quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile (ma non come certo) il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e pur di non rinunciare all’azione ed ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi ‘costi quel che costi’, mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto”.