La Corte di Cassazione con la sentenza 30 ottobre 2012, n. 42352 ha stabilito che risponde di estorsione il datore di lavoro che obbliga i propri dipendenti ad accettare una retribuzione più bassa, rispetto ai minimi retributivi, dietro minaccia, anche indiretta, di licenziamento.
L'estorsione è il reato previsto e punito dall'art. 629 c.p.: "chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000".
Nel caso di specie un datore di lavoro aveva messo i propri dipendenti davanti all'alternativa secca di accettare una retribuzione inferiore ai minimi di legge o interrompere il rapporto di lavoro.
Ebbene, la Cassazione ha riscontrato il reato di estorsione nel caso de quo ed ha affermato che "l'evento ingiusto va rappresentato nell'interruzione del rapporto di lavoro essendo indifferente la causa del licenziamento o delle dimissioni essendo queste ultime un fatto solo apparentemente volontario ma, in effetti, sempre imposto dalla abusiva condotta altrui".