giovedì 25 ottobre 2012

SEPARAZIONE: IL TRADIMENTO NON COMPORTA AUTOMATICAMENTE IL DIRITTO A RICEVERE UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO

La Corte di Cassazione con la sentenza 23 ottobre 2012 n. 18175 ha stabilito che il tradimento del coniuge e la conseguente separazione con addebito non comporta automaticamente il diritto del partner tradito a ricevere l’assegno di mantenimento. Il giudice, infatti, dovrà valutare caso per caso se il “coniuge cui non sia addebitabile la separazione sia privo di adeguati redditi propri”. E solo "se non potrà mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio” o sussista “una disparità economica tra i coniugi”, allora scatterà l’assegno.

martedì 9 ottobre 2012

IL MEDICO DEVE RISARCIRE IL BAMBINO NATO MALFORMATO PER UNA PATOLOGIA CONGENITA NON RISCONTRATA

La Corte di Cassazione con la sentenza  n. 16754 del 2 ottobre 2012 ha innovato un precedente consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità medica. Con la pronuncia in esame, infatti, la Cassazione ha riconosciuto, a titolo di responsabilità sanitaria per l’errore del ginecologo che non ha eseguito l’amniocentesi e gli altri esami necessari, a fronte di richiesta di accertamenti diagnostici specifici da parte della gestante, il risarcimento del danno oltre che alla stessa e al padre del bambino, anche al bambino stesso nato malformato e alla sorella del bambino.


Questa sentenza modifica la precedenza giurisprudenza che riconosceva il diritto al risarcimento del danno, in caso di omessa informazione o errore medico in ordine alla diagnosi di malformazione del feto, solamente ai genitori: a) alla mamma in quanto parte del contratto con la struttura o il medico; b) al papà in quanto terzo direttamente tutelato dal contratto. In precedenza venivano esclusi dalla tutela risarcitoria i fratelli del nascituro, non ritenuti terzi tutelati dal contratto stipulato dalla gestante (solo il padre era tutelato dal contratto di protezione) e lo stesso bambino nato malformato, nel caso di malformazioni congenite, non curabili in via intrauterina, in quanto, si affermava, non può essere invocato un inesistente diritto a nascere se non sano, sussistendo, invece, il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie.


La Suprema Corte afferma che “il principio di diritto secondo il quale la responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale qualificato), anche al padre (come già affermato da Cass. n. 14488/2004 e prima ancora da Cass. n. 6735/2002)”, ampliando la tutela risarcitoria “alla stregua dello stesso principio di diritto posto a presidio del riconoscimento di un diritto risarcitorio autonomo in capo al padre stesso, ai fratelli e alle sorelle del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta”, estendendola anche al bambino nato malformato.


Viene, dunque, riconosciuto, per la prima volta, il risarcimento del danno al neonato malformato per una patologia non curabile in via intrauterina. Da ciò deriva che sussiste “la legittimazione attiva del neonato in proprio all’azione di risarcimento e il diritto a chiedere il risarcimento dal momento in cui è nato”.


La Cassazione spiega che “chi nasce malato per via di un fatto lesivo ingiusto occorsogli durante il concepimento non fa, pertanto, valere un diritto alla vita né un diritto a nascere sano né tantomeno un diritto a non nascere. Fa valere, ora per allora, la lesione della sua salute, originatasi al momento del concepimento. Oggetto della pretesa e della tutela risarcitoria è, pertanto, sul piano morfologico, la nascita malformata, su quello funzionale (quello, cioè, del dipanarsi della vita quotidiana) il perdurante e irredimibile stato di infermità. Non la nascita non sana…o la non nascita”. L’interesse tutelato trova il suo fondamento negli artt. 2, 3, 29, 30 e 32 della Costituzione.


Il vulnus lamentato da parte del minore malformato, difatti, non è la malformazione in sé considerata - non è, in altri termini, l’infermità intesa in senso naturalistico (o secondo i dettami della scienza medica), bensì lo stato funzionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata intese come proiezione dinamica dell’esistenza che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, ma sintesi di vita ed handicap, sintesi generatrice di una vita handicappata”. Viene in rilievo non la nascita, bensì la futura vita handicappata intesa nella sua più ampia accezione funzionale di una vita che merita di essere vissuta meno disagevolmente”.


Viene abbandonato il principio del diritto a nascere tout court e la riflessa inesistenza di un diritto a nascere se non sano che aveva caratterizzato la precedenza giurisprudenza, specificandosi che “l'unica alternativa in ordine all'ammissibilità di una siffatta tutela non era tra non nascere o nascere malato, bensì tra nascere sano o nascere malato, in quanto vivere una vita malformata è di per se una situazione esistenziale negativa”.


Da sottolineare sono i riflessi della pronuncia della Corte di Cassazione che chiarisce come la pretesa risarcitoria possa essere avanzata solamente nei confronti del sanitario e mai nei confronti della madre anche nel caso in cui, essendo stata informata dal medico della malformazione del bambino, decida comunque di portare a termine la gravidanza.


In tal caso, comunque, nessuna responsabilità potrà essere fatta valere nei confronti del medico che ha correttamente informato la gestante della malformazione del feto.