venerdì 21 ottobre 2011

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 25


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 25: " Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge".
La Costituzione dispone che "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge": si è in tal modo voluto garantire il cittadino e lo straniero dal pericolo di essere sottoposto al giudizio di un tribunale costituito ex post facto ed appositamente per il suo caso personale. La Costituzione pone, dunque, la garanzia che tutti abbiano diritto di essere sottoposti unicamente al giudizio dei giudici ordinari, secondo le regole di competenza previste dalla legge. Tra i numerosi organi dell'autorità giudiziaria ordinaria, infatti, l'esercizio della funzione è distribuito in modo che ciascuno ne abbia una frazione, una parte, che costituisce la sua competenza, nel cui ambito, e non oltre, può esercitare le sue funzioni. Si dice, perciò, che la competenza è la quantità di giurisdizione assegnata in esercizio a ciascun organo. La competenza determina, dunque, per ogni singolo organo, in quali casi, nei riguardi di quali controversie, esso ha il potere di provvedere. Per ciascun possibile procedimento vi è perciò (almeno) un giudice competente ed esso è il giudice naturale. Da ciò deriva che sia colpito da invalidità il provvedimento pronunciato da un giudice fuori della sua competenza.
L'articolo 25 pone, poi, il principio secondo il quale nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali: infatti, afferma che "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso". Non può mai esservi un reato (e di conseguenza una pena), in assenza di una legge penale preesistente che proibisca quel comportamento : questo fondamentale principio proibisce la possibilità di leggi che, operando retroattivamente, considerino reati anche comportamenti che, al momento in cui avvengono, erano perfettamente leciti in quanto non vietati da alcuna norma.
Infine, l'articolo 25 pone una ulteriore riserva di legge, stabilendo che "nessuno possa essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge "". Le misure di sicurezza  sono provvedimenti speciali la cui applicazione è prevista dal Codice Penale nei confronti degli autori del reato che sono considerati socialmente pericolosi. Le misure di sicurezza possono affiancarsi o sostituirsi alla pena principale e si applicano quando il soggetto è socialmente pericoloso e ha commesso un fatto previsto dalla legge come reato. Si distinguono dalla pena in quanto non hanno funzione retributiva, ma solo una funzione rieducativa del reo: per questo motivo si applicano anche ai soggetti non imputabili. 
  Ebbene, la Costituzione prevede che le misure di sicurezza possano applicarsi solo se la legge lo prevede nella singola fattispecie di reato. È il giudice, dove previsto, a valutare se sussiste la pericolosità sociale del reo; lo stesso giudice valuta la pericolosità sociale attenendosi ai criteri stabiliti dall'articolo 133 codice penale, valutando quindi la gravità del reato commesso e la capacità a delinquere del reo. 
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mercoledì 19 ottobre 2011

IN CASO DI SINISTRO MORTALE RICONOSCIUTO IL RISARCIMENTO ANCHE AL CONVIVENTE MORE UXORIO DI UGUAL SESSO


Con la sentenza 12 settembre 2011, n. 9965 il Tribunale di Milano ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, concretatosi in un evento mortale, anche al convivente more uxorio di ugual sesso.
Nel caso di specie il giudice di Milano ha condannato ad un anno e tre mesi di reclusione  un automobilista colpevole  di aver provocato la morte di una persona in un incidente stradale. Inoltre, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno – sia patrimoniale che morale – sia all’anziana madre sia al convivente dell’uomo. Con riguardo alla posizione di quest’ultimo, si legge nel testo della sentenza che nel dibattimento è stata evidenziata la stabile  relazione affettiva e di convivenza da quasi quindici anni con la vittima, con cui vi erano anche documentati intensi rapporti professionali.
Il Tribunale di Milano afferma che "ciascuna unione effettiva stabile e duratura crea una condizione di vita in cui l’individuo sceglie di crescere come persona e che la sua interruzione provocata da un fatto-reato provoca una sofferenza pari a  quella che si verificherebbe in una coppia formata da persona di sesso diverso". Non si tratta, dunque, di riconoscere diritti simili o uguali a quelli derivanti da un matrimonio civile, ma di accordare tutela ad una situazione affettiva e di convivenza stabile, analoga alla situazione del convivente della donna che perde un figlio con lui convivente da tempo.




 

martedì 11 ottobre 2011

LA CASSAZIONE CONDANNA IL GENITORE IPERPROTETTIVO NEI CONFRONTI DEL BAMBINO


La Corte di Cassazione, con la sentenza 23 settembre-10 ottobre 2011 n.36503 , ha confermato la condanna a carico di un nonno e di una madre che, iperprotettivi verso il minore, gli avevano impedito di frequentare i coetanei, cancellato la figura paterna e fatto frequentare saltuariamente la scuola.
A dire il vero il caso presenta i caratteri dell'eccezionalità, dato che il comportamento tenuto dal nonno e dalla madre aveva avuto l'effetto di danneggiare il bambino a tal punto che era arrivato ad avere disturbi deambulatori.
In ogni caso, la Suprema Corte è giunta ad affermare un principio generale secondo il quale l'eccesso di protezione, che abbia come conseguenza l'isolamento del bambino dal contesto sociale, fa scattare il reato di maltrattamenti in famiglia.
La Cassazione ha affermato che tale ingiustificato "eccesso di accudienza",  conduce a ritenere configurato il suddetto reato, realizzato tramite condotte in grado di  ritardare gravemente lo sviluppo psicologico e relazionale (con i coetanei e con il padre) del bambino. Danni che possono essere assimilati alla violenza fisica a prescidere dalla consapevolezza della vittima di subirla. 

 

giovedì 6 ottobre 2011

LA COSTITUZIONE ITALIANA:LA PIU' AFFASCINANTE DELLE LETTURE - ARTICOLO 24


Costituzione della Repubblica italiana, articolo 24: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari".
La Costituzione riconosce a tutti, sia ai cittadini italiani che agli stranieri, sia al soggetto singolo che alla persona giuridica nella sua forma associata, il diritto di rivolgersi a un giudice per avviare un processo giudiziario a difesa dei propri diritti e dei propri interessi legittimi.
Per diritto (soggettivo), deve intendersi quella posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l’ordinamento attribuisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in ordine ad un bene, nonché la tutela degli interessi afferenti al bene stesso in modo pieno ed immediato. La tutela del diritto soggettivo è affidata al giudice ordinario. Tipico esempio di diritto soggettivo è il diritto di proprietà privata.
L'interesse legittimo, invece, può essere definito come quell'interesse che la legge tutela in modo mediato ed indiretto in quanto coincide con il pubblico interesse.  . L     LLLLLa tutela degli interessi legittimi è affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tipico esempio di interesse legittimo è quello che fa capo ad un candidato di un concorso pubblico acchè il concorso stesso si svolga in maniera regolare: l'interesse della pubblica amministrazione coincide con quello del soggetto privato.
Ebbene, la Costituzione riconosce a tutti il diritto di agire in giudizio per ottenere tutela sia dei diritti che degli interessi legittimi. Si parla, al riguardo, di legittimazione ad agire ed essa rappresenta uno dei cosiddetti presupposti processuali o condizioni dell'azione, ossia uno dei presupposti in assenza dei quali l'azione giudiziale non può essere decisa nel merito: la legittimazione ad agire consiste nella titolarità del diritto azionato. .
 . EParticolarmente rivolto verso il processo penale, il diritto alla difesa, sancito dalla Costituzione che afferma come esso sia inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, costituisce il completamento indispensabile delle norme costituzionali che riconoscono i diritti e le libertà. Esso si esplica fondamentalmente con il diritto-dovere di avere un difensore che guida la parte nel processo tramite consigli tecnici. .a tutela degli interessi legittimi è affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a tutela degli interessi legittimi è affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrati Il ruolo dell'avvocato è talmente indispensabile all'interno del processo penale che mentre il procedimento stesso può nascere e concludersi senza la necessaria presenza dell'imputato, nessun atto processuale può ritenersi valido senza che vi abbia preso parte l'avvocato nominato di fiducia o d'ufficio dal Tribunale. E ciò trova conferma nel fatto che la Costituzione impegna lo Stato ad assicurare ai meno abbienti la possibilità di farsi assistere da un avvocato in modo totalmente gratuito, attraverso l'istituto del gratuito patrocinio.
La Costituzione, infine, pone una riserva di legge per la riparazione degli errori giudiziari: l'errore giudiziario, in termini generali, può essere definito come l'esercizio erroneo ed irregolare dell'attività giudiziaria, il quale può essere determinato da una molteplicità di possibili cause, tutte riconducibili, in ultima analisi, alla imperfezione e fallibilità della natura e, dunque, della giustizia umana. In base a tale principio chi è stato costretto ad espiare una pena per effetto di una sentenza di condanna, che successivamente sia stata annullata in sede di giudizio di revisione, ha diritto ad ottenere una riparazione, cioè una indennità in denaro che, secondo la legge, deve essere commisurata nel suo ammontare sia alla durata della pena che sia già stata espiata, sia alle conseguenze personali e familiari che siano derivate dall'ingiusta condanna.