giovedì 22 aprile 2010

LA CORTE DI CASSAZIONE SUL COSIDETTO DANNO TANATOLOGICO


I parenti della vittima hanno diritto, oltre al danno morale proprio, anche a quello cosiddetto tanatologico. Lo ha chiarito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 8 aprile 2010, n. 8360 secondo la quale, nel quantificare la somma dovuta in risarcimento dei danni morali ai parenti, occorre tenere conto anche "della sofferenza psichica subita dalla vittima di lesioni alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine".

Con il termine “danno tanatologico” si intende far riferimento, in linea di prima approssimazione, al danno derivante dalla morte di un individuo, a causa di una condotta illecita da parte di un terzo. La problematica, alquanto discussa, sia in dottrina che in giurisprudenza, attiene all’autonoma risarcibilità di tale fattispecie di danno, separato e distinto rispetto al danno morale, biologico od esistenziale.

Nel c.d. danno tanatologico si deve tenere conto, nel quantificare la somma dovuta in risarcimento dei danni morali, anche della sofferenza psichica subita dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia, in consapevole attesa della fine;sì da evitare il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita.