venerdì 31 ottobre 2008

AGENTI INFILTRATI DURANTE GLI SCONTRI

Pubblico questi video per evidenziare come le parole di Cossiga (il quale aveva suggerito l'utilizzo di poliziotti infiltrati, usati come provocatori al fine di scatenare la reazione delle forze dell'ordine) non siano rimaste inascoltate: in questo caso, come potrete sicuramente verificare con i vostri occhi, è evidente che alcuni poliziotti si siano infiltrati tra i manifestanti. Sino a ieri, tuttavia, ritenevo che di per sè il fatto di fare infiltrare dei poliziotti tra i manifestanti non fosse una cosa grave poichè, strategicamente, avrebbero potuto controllare al meglio la situazione e far rispettare l'ordine pubblico. Senonchè, confrontando i due video che vi propongo, non si può non evidenziare che quello che è sicura sicuramente un poliziotto (identificabile con una maglietta azzurra ed indicato con un cerchietto rosso) non si limita a controllare la situazione ma scaraventa un tavolino contro altre persone.


Se tutto ciò verrà confermato, se verrà effettivamente chiarito che sono stati utilizzati degli agenti come provocatori, allora, a mio modo di vedere occorre fare queste considerazioni.


Uno: la democrazia ha lasciato il posto definitivamente ad uno stato di polizia.


Due: il corpo della Polizia di Stato perde tutta la sua credibilità agli occhi della gente, macchiando una gloriosa storia e gettando ulteriori ombre sull'operato di operazioni passate (vedansi gli scontri in occasione del G8 di Genova).


Tre: questo stesso corpo ha dimenticato di essere al servizio della Costituzione e non degli uomini di potere che li comandano.



 


LA STAMPA DEL REGIME ARISTOCRATICO NON CI FREGA PIU'


La stampa legata al regime aristocratico (stante la persistente riprovevole forma di finanziamento pubblico alle testate giornalistiche) presente nel nostro paese ha affermato in maniera compatta che Beppe Grillo è stato insultato, fischiato e contestato durante la sua parteciazione alla manifestazione in difesa della scuola e dei valori costituzionali tenutasi a Bologna.


Fortunatamente in questo caso le videocamere di alcune persone hanno potuto smentire inequivocabilmente queste ignobili bugie. Vi presento, infatti, il video che documenta la calorosa accoglienza riservata al nostro caro Beppe.

giovedì 30 ottobre 2008

CALAMANDREI - 1955: DISCORSO AGLI STUDENTI MILANESI

Discorso di Piero Calamandrei all'Università di Milano (1955): audio 1' parte, audio 2' parte, audio 3' parte


"La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…


Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi.


In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane…
E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!
O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…


Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.


Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove fuorno impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione".


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Piero Calamandrei (Firenze, 21 aprile 1889 – Firenze, 27 settembre 1956) è stato un giornalista, giurista, politico e docente universitario italiano.


Politicamente schierato a sinistra, subito dopo la marcia su Roma e la vittoria del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell'Unione Nazionale fondata da Giovanni Amendola. Partecipò, insieme con Dino Vannucci, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Nello Rosselli alla direzione di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista.
Manifestò sempre la sua avversione alla dittatura mussoliniana, aderendo nel 1925 al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochissimi professori e avvocati che non ebbe né chiese la tessera del Partito Nazionale Fascista [1] continuando sempre a far parte del movimento antagonista, collaborando ad esempio con la testata Non Mollare.


Contrario all'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale a fianco della Germania, nel 1941 aderí al movimento Giustizia e Libertà ed un anno dopo fu tra i fondatori del Partito d'Azione insieme a Ferruccio Parri, Ugo La Malfa ed altri.


Fu, insieme a Francesco Carnelutti, a Enrico Redenti, a Tito Carnacini e al magistrato Leopoldo Conforti, uno dei redattori del codice di procedura civile del 1942, in parte ancora in vigore.


Si dimise da professore universitario per non sottoscrivere una lettera di sottomissione al duce che gli venne chiesta dal Rettore del tempo.


Nominato Rettore dell'Università di Firenze il 26 luglio 1943, dopo l'8 settembre fu colpito da mandato di cattura, cosicché esercitò effettivamente il suo mandato dal settembre 1944, cioè dalla liberazione di Firenze, fino all'ottobre 1947.


Nel 1945 fu nominato membro della Consulta Nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Partecipò attivamente ai lavori parlamentari come componente della Giunta delle elezioni della commissione d'inchiesta e della Commissione per la Costituzione italiana.

mercoledì 29 ottobre 2008

IL MINISTRO DELL DIFESA ATTACCA UNA DONNA


Il nostro dipendente Ignazio La Russa, ministro della Difesa, ha fatto una gran bella (si fa per dire) scenata in diretta tv. Ve l'ho detto: questi si sono montati la testa! Pensano di essere i sovrani dello Stato! Ma è mai possibile che non si rendano conto che loro sono al nostro servizio? Voi come vi comportate col vostro datore di lavoro o, se siete i titolari di un esercizio o svolgete una professione, con i vostri clienti? Quando si lamentano del vostro operato li insultate? Credo di no. Beh, loro, invece, ci insultano.


Comunque, il nostro ha rivolto urla e insulti alla direttrice dell'Unità Concita De Gregorio, dandole dell'ignorante e chiamandola "Concitina". Dice bene Maria Laura Rodotà sul Corriere della Sera on line: "credete che ‘Gnazio si sarebbe comportato in quel modo con un direttore uomo?"

lunedì 27 ottobre 2008

L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA


“GIURO DI ADEMPIERE I MIEI DOVERI PROFESSIONALI CON LEALTA’, ONORE E DILIGENZA PER I FINI DELLA GIUSTIZIA E PER GLI INTERESSI SUPERIORI DELLA NAZIONE”: questo è il giuramento che ho pronunciato dopo essere divenuto avvocato.


In questo momento di grande fermento è  venuto il momento di tradurre in pratica tale promessa: non posso più tollerare che il mio Paese viva (o meglio sopravviva) nel completo disinteresse del dettato costituzionale. E' venuto il momento per me e per chi abbia a cuore il futuro dell'Italia di muoversi in prima persona e di ergersi in difesa dei valori e dei principi della nostra Costituzione.


Innanzitutto, voglio ricordare che l'art. 1 della Costituzione stabilisce che  "l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". I nostri politicanti si sono dimenticati del cardine della nostra nazione: l'Italia è una democrazia (parola di origine greca composta da due termini: δήμος/démos, popolo e κράτος/cràtos, potere), il potere spetta, cioè, ai cittadini. Evidentemente, invece la politica italiana ha trasformato il nostro apparato repubblicano in una specie di aristocrazia.


Non vedo, infatti, alcuna differenza tra l'aristocrazia della Francia prerevoluzionaria e l'aristocrazia politica vigente oggi in Italia. Oggi in Italia, come allora in Francia lo Stato è sul baratro. Allora le dame e i principi di Corte intrattenevano lauti banchetti e simposi sfarzosi nelle residenze del Re Luigi e della Regina Maria Antonietta mentre il popolo moriva letteralmente di fame. I forni venivano assaltati e la Regina osava dire: "se il popolo non ha pane che gli siano date delle briosche". Noi oggi viviamo in un periodo simile: la gente fatica ad arrivare alla fine del mese, il potere d'acquisto si riduce sempre di più, gli stipendi non salgono mentre il pane, la pasta e altri generi alimentari di prima necessità aumentano il loro costo, il prezzo del barile di petrolio si è ridotto a 62 dollari al barile (dai 150 di qualche settimana fa quando la benzina costava 1,5 euro al litro) ma la benzina costa ancora la bellezza di 1,3 euro al litro; per cui i petrolieri stanno diventando sempre più ricchi e lo fa pure lo stato viste le accise imposte sul prezzo della benzina.


Gli italiani stanno facendo enormi sacrifici mentre i politicanti, un annetto fa, si sono aumentati lo stipendio di ben 1.135,00 euro al mese, i voli di Stato si sono moltiplicati e sono stati allargati ai parenti e portaborse dei ministri, il tutto, ovviamente a spese nostre.


La Regione Sicilia, che è una Regione a Statuto Speciale a norma della Costituzione (al pari di Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli e Sardegna) e che, pertanto, gode di enormi privileg fiscali, ha la bellezza di 21.000 dipendenti, 6 volte tanto quelli della Lombardia. I favori di politici corrotti agli elettori compiacenti hanno creato una mole di dipendenti inimmaginabile. Non solo. Gli stipendi degli Assessori sono aumentati del 114%. Emblematico il caso del Comune di Catania, con un buco di bilancio impossibile da quantificare: si parla di circa un miliardo di euro!!!


L'Italia spende 5 miliardi e mezzo di euro per Camera, Senato, Comuni, Province e Regioni, un miliardo per consulenze, un miliardo a legislatura per i finanziamenti ai partiti.


Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (gli autori del libro La Casta, per i pochi che non lo sapessero) hanno scoperto che il Senato ha speso 19.000,00 euro in sei mesi per noleggio piante ornamentali, 8.200,00 euro in tre mesi per calze e collant di servizio, 56.000,00 euro in sei mesi per camicie di servizio.


Ecco, io trovo una tremenda analogia tra questo spreco e lo spreco degli aristoratici della Francia prerivoluzionaria: che vada a finire allo stesso modo? Nel frattempo, il Governo vuole tagliare i fondi alla scuola: incredibile!!!


E se alla fine saranno le teste dei politici a venire tagliate esattamente come quelle di Luigi e Maria Antonietta?


E' una domanda lecita e molto plausibile a mio modo di vedere.


I nostri politicanti si sono impadroniti di ciò che non gli appartiene: loro devono avere la cura della Cosa Pubblica, non ne hanno acquistato la proprietà! Eppure, si comportano come dei padroni despotici. I Governi utilizzano sempre di più lo strumento del Decreto, sottraendo al Parlamento il ruolo di legiferatore. Ricordo che l'art. 77 della Costituzione stabilisce che il Governo può emanare Decreti solo "in casi straordinari di necessità e urgenza": dov'è la necessità e l'urgenza di emanare un Decreto che contiene tagli alla Scuola? Dove? Non se ne poteva discutere in Parlamento, laddove abbiamo inviato i nostri rappresentanti?


Stanno letteralmente facendo a pezzi la Costituzione.


A proposito di Scuola: personalmente ritengo che fra i primi doveri di uno Stato vi sia quello di garantire una valida istruzione per tutti i cittadini: nessuno può negare che uno Stato abbia il sacrossanto dovere di educare ed istruire i propri figli E ciò è diretti discendenza di questi principi costituzionali: "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" (art. 2 Cost.); "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3 Cost.); "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3 Cost.); "la scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso" (art. 34 Cost.).


Chi si ricorda di questi articoli?


Chi li traduce in pratica?


Questo è diritto positivo (parola tecnica per dire che è legge applicabile e avente valore) ed è legge sopra ogni legge, in quanto norma costituzionale. Chi si preoccupa di tradurla in pratica?


I politicanti stanno spolpando vivo questo paese come se fosse cosa loro. Ma l'Italia è nostra! Occorre riprendersela.


Oggi sono rimasto letteralmente raggelato nel leggere l'intervista rilasciata dall'ex Presidente Francesco Cossiga al Quotidiano Nazionale, il quale afferma di desiderare che le forze dell'ordine non abbiano pietà nei confronti di coloro che in questi giorno stanno protestando contro il Decreto di riforma della Scuola, mandandoli tutti all'ospedale, a cominciare dai professori. Afferma, inoltre, di conoscere bene il modo di farli pestare a sangue, poichè quando era Ministro dell'Interno, in casi simili, gli era bastato fare infiltrare tra i protestanti degli agenti facinorosi e provocatori che avrebbero poi provocato la reazione, a quel punto giustificata dall'opinione pubblica, delle forze di polizia.


In questa sede mi permetto di ricordare a questo uomo molto piccolo che nonostante abbia rivestito la carica di Garante della Costituzione (ossia di Presidente della Repubblica) non conosca ancora molto bene il dettato costituzionale del quale mi permetto di dargli delle lezioni: l'art. 17 stabilisce che "i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi" e l'art. 21 afferma che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".

PASSAPAROLA

passaparola

giovedì 23 ottobre 2008

RESPONSABILITA' RELATIVA ALLA CUSTODIA DI COSE

Volevo segnalare una sentenza della Corte di Cassazione in materia di responsabilità per i danni causati dalle cose che si hanno in custodia.


Ritengo, però, utile fornire prima un quadro generale sull'argomento del quale voglio trattare.


L'art. 2051 c.c. stabilisce che "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito".


La responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. non si fonda, dunque, su un comportamento o un'attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa. Solo il "fatto della cosa" è rilevante e non il fatto dell'uomo; solo lo stato di fatto e non l'obbligo di custodia può assumere rilievo nella fattispecie. Il profilo del comportamento del responsabile è di per sè estraneo alla struttura della normativa.


Il limite di tale responsabilità risiede nell'intervento di un fattore (il caso fortuito) che non attiene ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno. Secondo un orientamento giurisprudenziale, provare il caso fortuito significa provare che il danno è dovuto a un evento imprevedibile e inevitabile, estraneo alla cosa e alla sfera del custode. Deve trattarsi di un evento così raro e straordinario nelle sue conseguenze da essere estraneo al rischio tipico della cosa.


Veniamo ora alla sentenza della quale intendo parlare.


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24804 dell'8 ottobre 2008 ha stabilito che il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all'uso della cosa si arresta di fronte ad un'ipotesi di utilizzazione impropria, la cui pericolosità sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, da renderla del tutto imprevedibile. Pertanto, l'imprudenza del danneggiato che abbia riportato un danno a seguito di siffatta impropria utilizzazione integra il caso fortuito per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c.


In particolare, il caso risolto dalla suddetta sentenza riguardava quello di un ragazzo che, accedendo ad un’area riservata esclusivamente a parcheggio condominiale, vi si era messo a giocare a pallone ed era rimasto ferito per il contatto con vetri di copertura sporgenti: delle lesioni è stato ritenuto non responsabile l’amministratore alla luce dell’imprevedibilità della condotta del ragazzo e dell’uso del tutto improprio dell’area di parcheggio.

giovedì 16 ottobre 2008

ANATOCISMO: LA PRATICA ILLEGALE DELLE BANCHE


Con il termine anatocismo (dal greco anà - di nuovo, e tokòs - interesse) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti "composti".


Va immediatamente detto che l'art. 1283 c.c. stabilisce che gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. In linea di principio, il codice civile vieta un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti.


Tuttavia, nonostante la tutela approntata dal citato articolo, che subordina l'anatocismo alla compresenza di alcuni presupposti ben determinati, per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione pressoché generalizzata, nei contratti di apertura di conto corrente, le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi. Ciò grazie (anche) all'avallo della giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, escludendo l'esistenza di un contrasto con la previsione di cui all'art. 1283 codice civile, sulla base dell'affermazione dell'esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma.


Ma nel 1999 la Corte di Cassazione, invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale, ha più volte affermato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all'art. 1283 c.c..


In seguito la Suprema Corte ha avuto modo di argomentare in maniera chiara e precisa la propria posizione circa l'illegittima pratica anatocistica delle banche: in particolare, è importante segnalare la Sentenza SU n. 21095/2004.


La sentenza riguarda tutti i clienti bancari che hanno pagato interessi alla banca quando il proprio conto è andato in rosso dall’entrata in vigore dell’art. 1283 c.c. sino ad oggi.


Pertanto, hanno il diritto di esigere il rimborso sia gli utenti che hanno il conto corrente aperto, sia quelli che lo hanno chiuso negli ultimi dieci anni: chi esercita il diritto nei termini può chiedere il rimborso dall’apertura del conto corrente sino alla chiusura o sino ad oggi. Fino ad oggi le banche hanno rifiutato qualsiasi soluzione conciliativa, rendendosi disponibili a rimborsare solo a fronte di una sentenza definitiva.


E' importante sottolineare come anche gli utenti che hanno un mutuo e pagano interessi di mora possono beneficiare del divieto di anatocismo.


mercoledì 15 ottobre 2008

IO SONO AL FIANCO DI ROBERTO SAVIANO


Oggi sento il bisogno di parlare di un fatto veramente sconcertante. 




Lo scrittore Roberto Saviano ha dichiarato di volere abbandonare l'Italia, non sentendosi più al sicuro in questo paese. Lo scrittore napoletano vive sotto scorta 24 su 24 e nella costante minaccia di venire ucciso dalla camorra.




E' terribile tutto ciò: le parole di Saviano dimostrano in maniera implicita ma inequivocabile che la politica italiana è fortemente intrisa di camorra, di mafia, di delinquenza a tal punto che non è in grado di difendere un cittadino che ha denunciato i tremendi misfatti perpetrati nella sua terra dalle bande di delinquenti assassini che rispondono al nome di camorristi.




La mia vuole essere una precisa denuncia nei confronti dello Stato Italiano e di chi lo rappresenta: imputo al Presidente della Repubblica (il quale, invece, di agire e di essere garante della Costituzione, passa le giornate ad "auspicare"), al Presidente del Consiglio dei Ministri (il quale non ha speso una parola in difesa di Saviano) e al Ministro dell'Interno (il quale non è in grado di garantire l'adeguata protezione) una particolare responsabilità della situazione creatasi attorno allo scrittore.




Ma forti responsabilità sono imputabili a tutto il mondo politico italiano: a partire dal Parlamento Italiano, nel quale c'è una concentrazione di pregiudicati superiore a quella di Casal di Principe, per continuare con la Regione Campania, la Provincia ed il Comune di Napoli. Nessuno si è veramente adoperato per ergersi in difesa di Roberto Saviano: solo belle parole ma fatti totalmente inconciliabili o in taluni casi contrastanti con le buone intenzioni.




E' realmente una vergogna!




Io sto con Roberto Saviano!

martedì 7 ottobre 2008

LA PETIZIONE DI EREDITA'

Una persona si è rivolta al sottoscritto per sottopormi la seguente questione: alla morte di entrambi gli anziani genitori (i quali non lasciavano alcun testamento), una delle due figlie si impossessava di tutti i beni costituenti l'eredità, non lasciando nulla alla sorella.


Innanzitutto, bisogna dire che il codice civile prevede che, in assenza di una disposizione testamentaria, i figli succedano all'intero patrimonio dei genitori in quote perfettamente uguali (art. 566 c.c.).


Nel caso che ci occupa, dunque, una delle due figlie ha posto in essere un comportamento lesivo nei confronti della sorella, la quale ha diritto di ottenere il riconoscimento della qualità di erede e di conconcorrere anch'essa nella successione. A tal fine la legge prevede l'istituto dell'azione denominata petizione di eredità. L'erede, infatti, può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque (compreso un coerede) possieda tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi (art. 533 comma 1 c.c.).


Se l'azione è accolta, il convenuto è condannato a restituire i beni.

mercoledì 1 ottobre 2008

CIRCOLAZIONE STRADALE: UNA DISCUTIBILE SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Credo sia importante segnalare questa pronuncia anche se, sinceramente, non condivido affatto la motivazione con la quale la Corte di Cassazione (con la sentenza sez. III, 9 settembre 2008, n. 22662) ha stabilito che sussiste il concorso di colpa per il conducente del ciclomotore in caso di incidente, se si viaggia in due sul motorino al momento dell'impatto. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, il trasporto sul ciclomotore di altro passeggero comporta necessariamente una "maggiore instabilita' del veicolo sia in relazione alla tenuta di marcia che con riferimento all'eventuale necessita' di eseguire una manovra di emergenza, con conseguente maggiore esposizione alle conseguenze negative di un impatto violento con altro veicolo".


La cosa che trovo più grave in questa pronuncia sta nel fatto che nel caso de quo il ciclomotore, condotto da un ragazzo minorenne, era stato investito da un'autovettura Audi 80, il cui conducente non solo procedeva a velocità eccessiva, ma aveva anche omesso di dare la precedenza al ciclomotore proveniente da destra. A seguito dell'urto il conducente del motorino aveva riportato lesioni personali con postumi invalidanti e, cosa ancora più grave, la trasportata sul ciclomotore, una ragazzina minorenne, aveva perso la vita.


Ovvio che il trasporto di due persone renda un motorino più instabile e più insicuro. Ma ciò avviene allo stesso modo in cui il trasporto di due persone su un motociclo o di cinque persone su un'autovettura rendono la guida più difficile e pericolosa. Oppure pensiamo ad un tir che via pieno carico è più difficle da manovrare rispetto a quando si trova vuoto.


E' evidente, a parte l'instabilità, che un maggior peso influisce sull'efficenza dei freni e sul tenuta di strada degli pneumatici.


Ma è, altresì, ovvio che esistono delle norme di comportamento dettate dal codice della strada che impongono di moderare la velocità e di rispettare la segnaletica: i segnali di stop, in particolare. Vero è come sia vietato circolare in due sul ciclomotore nel caso in cui il conducente sia minorenne. Ma di questo aspetto la Corte non si è curata e, pertanto, possiamo escludere che sia stata la minore età del conducente del ciclomotore a condurre la Suprema Corte alla summenzionata decisione.


La Corte ha semplicemente statuito come il fatto di viaggiare in due su un ciclomotore comporti automaticamente un concorso di colpa in caso di incidente. Ciò anche nel caso in cui un'automobilista, non rispettando un segnale di stop, travolga il ciclomotore.


Conclusione francamente inaccettabile. Ma tant'è.