giovedì 31 luglio 2008

E' CONFIGURABILE UNA RESPONSABILITA' DELLE TELEVISIONI PER I DANNI PSICHICI ARRECATI AI TELESPETTATORI?

Il Moige, Movimento Italiano dei Genitori, che dal 1998 ha istituito un organismo di controllo (l'Osservatorio TV) avente il fine di tutelare i minori dai possibili cattivi effetti di una programmazione televisiva e cinematografica non adatta alla loro fruizione, testualmente afferma come sia "ormai dimostrato che le immagini e i dialoghi televisivi, cinematografici e i contenuti multimediali influiscono sulla crescita psicologica e sullo sviluppo emotivo dei minori. Oggi, che questi strumenti di comunicazione e svago sono una presenza quasi scontata nella maggior parte delle case, lottare per la qualità della programmazione e la sicurezza dell’utilizzo dei minori è un’esigenza sentita come importantissima dalla maggior parte dei genitori".


Verissimo. Eppure le televisioni continuano a trasmettere programmi palesemente diseducativi. In particolare trovo sempre di cattivissimo gusto trasmissioni come Lucignolo (Italia uno), Buona Domenica (Canale 5), L'isola dei Famosi (Raidue) e molte altre ancora. Trovo spesso di cattivo gusto pure un telegiornale, Studio Aperto (Italia uno), che spesso si riduce ad essere una replica della tv spazzatura rappresentata da Lucignolo.


Dice bene il critico Aldo Grasso “Lucignolo è il programma più brutto e più pretenzioso della tv italiana. Qualcuno penserà che in giro c'è di peggio. È vero. Ma «Lucignolo» ha questo di particolare: dopo ogni servizio, la cui raffinatezza indica da sola il livello di una civiltà, restiamo come storditi, esiliati dalla ragionevolezza e vittime di un qualche demone fanfarone: un tristissimo servizio sul ritorno di Lele Mora a Porto Cervo definito «Mora event» (anche lo squallore ha una sua grandezza) con interventi di Nathalie Caldonazzo, Stefano Masciarelli, Marco Balestri e Filippo del «Grande Fratello»; uno sul Billionaire, con Flavio Briatore e Simona Ventura; uno sul Twiga, con Daniela Santanchè e Adriano Galliani (ma per questi servizi Publitalia fattura?)”.


In questi programmi, come in molti altri, vengono trasmesse immagini oscene, di violenza, di maleducazione o di prevaricazione ad ore del giorno durante le quali anche i bambini più piccoli (e gli adolescenti più sciocchi) possono accedere alla televisione, senza un adeguato controllo da parte dei genitori.


I responsabili delle reti televisive, quando vengono invitati ad occuparsi maggiormente del ruolo educativo della televisione, solitamente rispondono che il mezzo televisivo non deve fornire alcuna educazione e che loro si limitano a fornire ciò che il pubblico dimostra di gradire.


Al che, solitamente, mi cadono le braccia.


Non è forse vero che le televisioni sono un “luogo aperto al pubblico”? Esattamente come in un ristorante il consumatore ha la facoltà di entrarvi (selezionando il canale di suo piacimento) e di ordinarvi ciò che più desidera (scegliere il programma preferito). Perfetto. Ma se in un ristorante il consumatore mangia qualcosa che lo fa sentire male può domandare un risarcimento danni per il cibo avariato servitogli. Lo stesso deve avvenire nei confronti delle televisioni che trasmettono programmi dannosi.


Certo, nel caso del ristorante si tratterà certamente di responsabilità contrattuale, essendosi stabilito un contratto tra il consumatore ed il ristoratore, mentre nel caso delle televisioni si tratterà verosimilmente di responsabilità extracontrattuale (ossia in assenza di contratto tra le parti). Per altro, vi è da dire che, nell’ipotesi di responsabilità addebitata a reti televisive Rai, (per le quali si paga il canone di abbonamento alla televisione) o a reti televisive a pagamento (es. Sky), si potrebbe ipotizzare una responsabilità contrattuale.


In ogni caso, sia che si tratti di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, vale la pena di ricordare ai lettori che l’art. 2043 c.c. recita: "Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.


Il danno ingiusto arrecato da certi programmi televisivi consiste in un evidente danno alla salute o danno biologico: esso consiste nella lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità fisica della persona (art. 32 Cost.). E sussiste in presenza di una lesione fisica o (come nel caso che ci occupa) psichica della persona.


A parer mio, ma credo che fior di psicologi potranno confermarlo, alcuni programmi televisivi hanno il potere di influenzare la nostra psiche ed, in particolare, quella dei bambini e degli adolescenti. Trovo terrificante come alcune reti televisive cavalchino (quasi quotidianamente) le onde delle notizie relative ad adolescenti che vanno volontariamente (e stupidamente) incontro alla morte, straziando il proprio corpo con mix di droghe e alcool e poi, contemporaneamente, non si preoccupino di dare un modello a questi ragazzi ma, anzi, continuino ad offrire come unico punto di riferimento lo “sballo” ad ogni costo; il divertimento viene proposto come unica ragione di vita, le belle macchine, i soldi, la sessualità promiscua come qualcosa di assolutamente desiderabile; la violenza domina gran parte dei cartoni animati e dei film trasmessi.


Dato che le parole lasciano il tempo che trovano e io sono stanco di sentire sempre solo buoni propositi mai confermati, forse è giunto il momento di mettere le mani nei portafogli dei responsabili delle reti televisive: credo, infatti, che davanti a richieste di risarcimento danni (proporzionate al danno di volta in volta provocato) le televisioni sarebbero costrette a rivedere il loro ruolo.


Qualora, per esempio, si ricollegasse il gesto autodistruttivo di un ragazzo (quale, ad esempio, l’assunzione di pasticche di droga) alla visione di un programma televisivo, non esiterei a consigliare di domandare un risarcimento danni alla rete televisiva responsabile.


In tal caso i prossimi congiunti potrebbero domandare il risarcimento:


- del danno biologico, allorché le sofferenze causate a costoro dalla perdita abbiano determinato una lesione dell'integrità psicofisica degli stessi (se viene fornita la prova che il decesso ha inciso negativamente sulla salute dei congiunti, determinando una qualsiasi apprezzabile permanente patologia o l'aggravamento di una patologia preesistente);


- del danno patrimoniale, a seguito di accertamento che i prossimi congiunti siano stati priva­ti di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a godere in futuro;


- del danno esistenziale (autonomo titolo di danno) o danno di relazione.


Per concludere riporto un pezzo di un articolo comparso su Repubblica il 4 gennaio 2007:  Emulano Saddam e si uccidono col cappio due bambini muoiono ripetendo l'esecuzione. L'impiccagione di Saddam Hussein ha causato due vittime minorenni: due bambini, dopo aver visto il filmato della sua esecuzione, hanno tentato di ripetere la scena, uccidendosi. E' accaduto domenica, in Texas, ad un bimbo di dieci anni, e il primo gennaio ad un altro piccolo di nove, in Pakistan. I genitori del bambino americano hanno dichiarato alle autorità che il figlio che stava cercando di imitare l'esecuzione di Saddam Hussein. Sergio Pelico, questo il suo nome, è stato trovato morto domenica nella camera da letto del suo appartamento di Webster, poco lontano da Houston.  La madre ha detto alla polizia che poco prima suo figlio aveva visto in tv il video con l'impiccagione di Saddam. "La nostra impressione è che stava sperimentando col cappio", ha detto il tenente della polizia Tom Claunch. Lo zio di Sergio ha detto che il bambino era vivace e curioso e non aveva motivi di essere depresso anche se aveva protestato per un regalo di Natale non arrivato. "Dopo aver visto in tv la scena dell'impiccagione aveva chiesto 'perché?' ", ha riferito Julio Gustavo, lo zio. Uno psicologo dell'infanzia, Edward Bischof, ha detto alla Abc che i ragazzini dell'età di Sergio amano sperimentare le cose che vedono in tv senza rendersi conto dei rischi”.


Le televisioni sono responsabili di ciò che trasmettono e sono altrettanto responsabili dei danni che arrecano alla psiche dei consumatori. A buon diritto, secondo il mio parere, questi ultimi hanno titolo per domandare ed ottenere un risarcimento per i danni subiti.

lunedì 28 luglio 2008

DIRITTO D'AUTORE

Prendo spunto da una domada rivoltami da una lettrice per chiarire alcuni punti circa il diritto d'autore.


Innanzitutto, segnalo che la normativa fondamentale in materia è contenuta nella legge 633/1941.


Il diritto d'autore nasce al momento della creazione dell'opera, che il codice civile italiano identifica in una "particolare espressione del lavoro intellettuale" (art. 2576 c.c.). Dunque, è dall'atto creativo che, incondizionatamente, il diritto si origina; non vi è pertanto alcun obbligo di deposito (ad esempio, presso la SIAE), di registrazione o di pubblicazione dell'opera (a differenza del brevetto industriale e dei modelli e disegni di utilità che vanno registrati con efficacia costitutiva). Tuttavia, tali forme di pubblicazione costituiscono una manifesta e facilmente dimostrabile attribuzione della paternità (specie in caso di controversia).


Il diritto d'autore protegge le opere dell'ingegno che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro, al cinema, alla fotografia; protegge, altresì, i programmi informatici.


Occorre che si tratti di opere di carattere creativo; ma l'apporto creativo può anche essere modesto; esso riguarda la forma espositiva, indipendentemente dalla novità del contenuto e può consistere anche in una particolare scelta e coordinamento del materiale: come in un'antologia di poesie; e così pure nella traduzione, nel compendio o in altre forme di rielaborazione di un'opera.


Tuttavia, la traduzione e ogni altra forma di rielaborazione di opera altrui costituisce una creazione distinta e tutelata ma richiede il consenso dell'autore dell'opera originaria, se questa non è ancora caduta in dominio pubblico.


L'autore ha la facoltà di sfruttare la propria opera in ogni forma e modo.


Il diritto d'autore riconosce al creatore di un'opera anche una serie di facoltà esclusive per impedire a terzi di sfruttare economicamente la propria opera. La legge riconosce in particolare le seguenti facoltà esclusive: pubblicazione, riproduzione, trascrizione, esecuzione, rappresentazione o recitazione in pubblico, comunicazione al pubblico, ovvero diffusione tramite mezzi di diffusione a distanza (telegrafo, telefono, radiodiffusione, televisione e mezzi analoghi, tra cui il satellite, il cavo e la stessa internet), compresa la sua messa a disposizione del pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente (le cosiddette fruizioni on demand), distribuzione, traduzione e/o elaborazione, vendita, noleggio e prestito.


Accanto al diritto di esclusiva, che ha carattere patrimoniale, stanno i diritti morali dell'autore: in primo luogo quello di vedersi riconosciuta la paternità dell'opera. L'autore gode del diritto di rivendicare la paternità dell'opera, cioè di esserne pubblicamente indicato e riconosciuto come l'artefice e all'inverso, che non gli venga attribuita un'opera non sua o diversa da quella da lui creata. L'usurpazione della paternità dell'opera costituisce plagio, contro il quale il vero autore può difendersi ottenendo per via giudiziale la distruzione dell'opera dell'usurpatore, oltre al risarcimento dei danni (in caso di opera anonima o pseudonima l'autore può rivelarsi, se vuole, quando meglio crede) e di opporsi a qualsiasi modifica o ad ogni atto che possa pregiudicare il suo onore o la sua reputazione.

giovedì 24 luglio 2008

ANCORA INCIDENTI NELLA CENTRALE NUCLERE DI TRICASTIN

Secondo incidente in quindici giorni alla centrale nucleare di Tricastin, nel dipartimento di Drome (sud dell Francia), nel quale sono rimasti "leggermente contaminati" cento operai. Lo ha annunciato un portavoce dell'Agenzia per la sicurezza nucleare francese (Asn).


L'incidente è avvenuto ieri per la fuga di radio-elementi da un tubo nella struttura di contenimento del reattore numero 4, fermo per manutenzione.

ANCORA FORZA CLEMENTINA

Esprimo la mia completa solidarietà alla dottoressa Clementina Forleo, giudice per le indagini preliminari nell'inchiesta sulle scalate bancarie. Il giudice Forleo deve lasciare il Tribunale di Milano, secondo quanto stabilito dal plenum del Csm che ha deciso a maggioranza e ha disposto il trasferimento d'ufficio del gip. La decisione è stata motivata con l'incompatibilità ambientale.


Clementina Forleo ha già dichiarato: «Lotterò fino alla fine dei miei giorni, andrò a testa alta nei tribunali per affermare il principio che la legge è uguale per tutti».


Aggiungo io: ma la legge è davvero uguale per tutti? Forse sì ma per alcuni è più uguale che per altri.


Comunque, rinnovo la mia profonda stima e il mio sostegno morale: forza Clementina!

RIPETIZIONE DELL'INDEBITO: CONTRATTO DI LOCAZIONE E PAGAMENTO DI UN CANONE SUPERIORE A QUELLO PATTUITO

"La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo" (art. 1571 c.c.).


Il locatore ha l'obbligo di consegnare e mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto (art. 1575 cod.civ.); da parte sua, il conduttore ha l'obbligo di servirsi della cosa locata secondo l'uso pattuito e con la diligenza del buon padre di famiglia, nonchè l'obbligo di pagare tempestivamente il corrispettivo (art. 1587 cod.civ.)


Le locazioni di immobili urbani sono disciplinate da leggi speciali, rivolte a proteggere il conduttore, assicurando al rapporto una certa stabilità. Per ogni altro aspetto restano valide le regole generali del codice civile, purchè compatibili con le disposizioni della legge speciale.


A tal proposito la normativa fondamentale per le locazioni di immobili urbani è costituita dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 431.


L'art. 13 della suddetta norma, risulta a parer mio, molto interessante e merita una particolare attenzione.


Nel contratto di locazione di un immobile adibito ad uso domestico uno degli elementi essenziali del contratto è, evidentemente, costituito dalla determinazione del canone: esso è il prezzo che il conduttore paga al locatore quale corrispettivo per il godimento dell'immobile.  


Può capitare, tuttavia, che il locatore abbia interesse ad indicare nel contratto un prezzo inferiore rispetto a quello che realmente ha pattuito con il conduttore: ciò, naturalmente, ai fini di una tassazione inferiore.


Facciamo un esempio: il contratto può recare un importo del canone pari ad € 6.000,00 annui ma il locatore ed il conduttore sono d'accordo circa il pagamento di un importo pari ad € 12.000,00.


Mettiamo il caso che questa situazione si protragga per 10 anni: di fatto, il conduttore avrà corrisposto una cifra pari ad € 120.000,00 mentre, stando alla lettera del contratto, avrebbe dovuto corrispondere solo € 60.000,00. Al di là di ovvie considerazioni circa l'evasione fiscale del locatore, da un punto di vista puramente civile, il rapporto tra il locatore ed il conduttore potrebbe andare avanti in questo modo.


Ma supponiamo che il conduttore decida di ottenere indietro quanto abbia pagato in più rispetto a quanto stabilito dal contratto e, magari, a suffragio della propria pretesa, abbia conservato tutte le ricevute di pagamento, comprovanti che egli abbia pagato €12.000,00 e non € 6.000,00 come da contratto.


Ecco che viene in rilievo l'art. 13 della legge 431/98, il quale testualmente recita: "è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato".


Pertanto, entro sei mesi dalla data di riconsegna dell'immobile il conduttore potrà proporre azione per recuperare quanto indebitamente versato: nell'esempio che abbiamo fatto si tratterà di una somma pari ad € 60.000,00, alla quale dovranno essere aggiunti gli interessi legali, approssimativamente pari ad € 9.000,00.


Una cifra molto grossa, soprattutto quando bisogna corrisponderla tutta in un'unica soluzione.


Pertanto, metto in guardia tutti i proprietari di casa dal mettere in atto un simile accordo che, oltre ad essere in frode alla legge, rischia di costare molto caro.


Insomma, il gioco non vale affatto la candela.

giovedì 17 luglio 2008

DANNO AUTOCAGIONATOSI DALL'ALUNNO: RESPONSABILITA' CONTRATTUALE DELL'ISTITUTO SCOLASTICO

Una ricerca elaborata per una coppia di clienti diventa lo spunto per un interessante post.


Il tema è quello del danno procurato a se stesso da un alunno minorenne durante l'orario di svolgimento delle lezioni scolastiche.


Per molto tempo, allorquando un alunno minorenne si fosse procurato da solo una lesione, si è cercato di configurare la responsabilità degli insegnanti alla luce di quanto previsto dall'art. 2048 c.c. (responsabilità extracontrattuale), il quale stabilisce che "i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza", prevedendo altresì che tali persone siano “liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”. Tuttavia, la Corte ha sempre sottolineato che la presunzione di colpa ivi prevista opera soltanto ed esclusivamente riguardo ai danni prodotti dal minore ai terzi e non per i danni autocagionatosi. Fra l'altro occorre ricordare che, in questo caso, la responsabilità fa capo, nei confronti del terzo eventualmente danneggiato, all'amministrazione scolastica e non al docente o in genere al personale scolastico tenuto alla sorveglianza in base al profilo professionale ed alla concreta organizzazione del servizio.


La Corte di Cassazione (sez. un., 27 giugno 2002, n. 9346, un vero leading case) ha recentemente affermato che “nel caso di danno arrecato dall'allievo a sè stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non va ricondotta nell'ambito della responsabilità extracontrattuale (art. 2048 c.c.), bensì in quello della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. Nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che -quanto all'istituto scolastico- l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che -quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico- tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c., sicché, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile nè alla scuola nè all'insegnante".


Tale pronuncia ha l'effetto di ritenere risarcibili non solo i danni procurati da un allievo ad un altro (tale effetto da sempre è stato ricompreso nell'ambito oggettivo della responsabilità ex art. 2048 c.c., come trasferimento al precettore dell'illecita condotta di un allievo a danno di un altro), bensì anche i danni autoprocurati da un allievo (danni altrimenti estranei all'ambito precettivo dell'art. 2048 c.c., non essendovi illecita condotta da trasferire), attraverso un diverso titolo di responsabilità (quella contrattuale, appunto).  In applicazione della citata pronuncia infatti la giurisprudenza di merito sta affermando che "per i danni alla persona subiti da un alunno di un istituto scolastico durante l'orario di permanenza all'interno dell'istituto stesso ed a causa di un atto di autolesionismo è chiamato a rispondere l'amministrazione non ai sensi dell'art. 2048 comma 2 c.c., norma applicabile esclusivamente ai danni riconducibili all'azione di altri alunni, bensì secondo i principi della responsabilità contrattuale di cui all'art. 1218 c.c., allorquando la custodia e la vigilanza siano state attuate in maniera inadeguata e negligente, tenuto conto dell'età dei soggetti da sorvegliare" (Tribunale Roma, 17 febbraio 2003).



Dunque, il minore, e per esso la sua famiglia, potrà agire per ottenere il risarcimento del danno subito sul semplice presupposto che lo stesso si sia verificato durante lo svolgimento del rapporto “contrattuale”.


mercoledì 16 luglio 2008

PER RIDERCI SOPRA: L'AVVOCATO GIGI PROIETTI

L'AUTOVELOX DEVE ESSERE SEGNALATO

Rispondo alle domande di alcune persone riguardo la doverosità della segnalazione riguardante la presenza di postazioni di rilevamento elettronico della velocità.


La Suprema Corte, con sentenza n. 12833 del 31 maggio 2007, ha definitivamente stabilito che, ex art. 4 della Legge 168/02, "dell'utilizzazione ed istallazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità deve essere data informazione all'automobilista". Pertanto, la prescritta informazione agli automobilisti della presenza dell'autovelox è condizione di legittimità del verbale di contestazione. Trattandosi di norma di carattere imperativo (la cui efficacia non è limitata nell’ambito dei rapporti organizzativi interni alla P.A.), qualora il rilevamento avvenga in assenza della prescritta segnalazione il verbale è nullo poiché emesso in violazione di legge.

martedì 15 luglio 2008

COCA COLA ZERO E ASPARTAME

Da quando ho perso completamente la fiducia nelle fonti di informazione italiane, ho inziato a cercarmele da solo le notizie.


Questo argomento ha poco a che vedere col diritto, anche se, da un certo punto di vista, potrei inquadrare la trattazione di tale tema come un atto a difesa dei consumatori.


Veniamo al dunque.


Da qualche settimana sono stato bombardato (come molti di coloro che leggeranno) da una incessante pubblicità della Coca Cola Company circa il loro nuovo prodotto: Coca Cola Zero. Lo zero starebbe per zero zucchero e zero calorie, eppure i pubblicitari si affrettano a dire che il gusto è sempre lo stesso, sempre quello della ormai notissima bevanda.


Ora, domanda sciocca ma doverosa: come può essere priva di zucchero ma ugualmente dolce?


La maggior parte delle persone non si pone neppure tale domanda. Perennemente alla ricerca di una linea perfetta ma altrettanto desiderosi di non rinunciare al gusto, molti hanno accolto questo prodotto come una benedizione: la pubblicità radiofonica, del resto, dice che bere Coca Cola Zero è "come stare in discoteca fino all'alba e svegliarsi l'indomani mattina senza le occhiaie". Ossia, secondo il vecchio modo di dire: avere la botte piena e la moglie ubriaca.


La mia diffidenza, invece, mi ha spinto a cercare tra gli ingredienti di questa nuova bevanda una (per me scontata quanto funesta) presenza: l'aspartame. Ed infatti, come volevasi dimostrare ecco gli ingredienti: Anidride carbonica, Coloranti, Acesulfame K, ASPARTAME, Caffeina, Acido fosforico, Benzoato di potassio, Citrato di potassio, Benzoato di sodio, Citrato di sodio, Ciclamato di Sodio, Aromi.


L'aspartame è un dolcificante artificiale. È composto da due amminoacidi, l'acido aspartico e la fenilalanina, e l'estremità carbossilica della fenilalanina è esterificata con il metanolo. Le composizioni percentuali sono le seguenti: acido aspartico (40%), fenilalanina (50%), metanolo (10%).


Pur avendo la stessa quantità di calorie dello zucchero, il suo potere dolcificante è 200 volte maggiore, motivo per cui ne sono necessarie piccole quantità per dolcificare cibi e bevande.


Tuttavia tale sostanza è al centro di numerosi dibattiti sin dalla sua scoperta risalente al 1965 (scoperta avvenuta grazie a James M. Schlatter, un chimico che lavorava presso la ditta G.D. Searle & Company; Schlatter stava lavorando alla produzione di un farmaco anti-ulcera e scoprì la dolcezza del composto sintetizzato leccandosi il dito che era stato contaminato dall'aspartame): si sviluppò immediatamente un acceso dibattito sulla sicurezza dell'aspartame, in quanto alcuni studi ne evidenziavano effetti cancerogeni nel ratto. Diversi studi sull'aspartame in animali da laboratorio hanno evidenziato la comparsa di tumori a seguito dell'assunzione orale di questo dolcificante.


Tra le ipotesi più accreditate c'è quella per cui la tossicità dell'aspartame sia dovuta alla liberazione nell'organismo del metanolo, una sostanza nota per avere effetti tossici, e in particolare perché causa cecità.


Il dibattito sull'uso di aspartame negli alimenti si è riacceso nel 2005 con la pubblicazione di uno studio promosso dalla California Environmental Protection Agency, che ha evidenziato un aumento dell'incidenza di linfomi e leucemie nei topi femmina a seguito di assunzione di bassi dosaggi di aspartame. Inoltre uno studio della Fondazione "Ramazzini" di Bologna ha ulteriormente segnalato questi effetti ed ha ipotizzato un legame tra la formaldeide rilasciata dal metabolismo dell'aspartame e aumento dell'incidenza di tumori cerebrali.


L'aspartame causa danni "lenti e silenziosi" in tutte quelle persone che sono così sfortunate da non avere reazioni immediate e che non hanno quindi un motivo per evitarlo. Potrebbero volerci uno, cinque, dieci, quarant'anni, ma alla lunga si manifesteranno gravi problemi (alcuni reversibili e altri no) per tutte quelle persone che ne fanno uso abituale. All'interno del corpo il metanolo si trasforma in acido formico ed in formaldeide. La formaldeide è una neurotossina mortale. Una valutazione dell'EPA (Enviromental Protection Agency - Agenzia per la protezione ambientale - USA) sul metanolo dichiara che il metanolo "viene considerato un veleno ad accumulo, grazie al bassissimo tasso di escrezione una volta assorbito. Nel corpo, il metanolo viene ossidato in formaldeide ed in acido formico; entrambi questi metaboliti sono tossici." I ricercatori dell'EPA raccomandano un limite massimo di consumo di 7,8 mg al giorno. Un litro di bevanda dolcificata con aspartame contiene circa 56 mg di metanolo. I consumatori abituali di prodotti contenenti aspartame consumano fino a 250 mg di metanolo al giorno, 32 volte il limite massimo suggerito dall' EPA.


Il mio consiglio, pertanto, è quello di tenersi lontani da questa sostanza, contenuta, peraltro, nei dolcificanti che troviamo sui banconi di quasi tutti i bar.

lunedì 14 luglio 2008

ANCORA INCIDENTI IN UNA CENTRALE NUCLEARE EUROPEA

Non voglio essere né ripetitivo né insistente su certi argomenti ma la cronaca impone di tornare a parlare nuovamente di incidenti nelle centrali nucleari. Dopo la Slovenia e la Francia, ora è la volta della Spagna: due giorni fa nella centrale di Cofrentes si è registrato un aumento di potenza non programmata superiore al 20% di quella autorizzata. Lo ha riferito il Consiglio per la sicurezza nucleare, l'agenzia di controllo sugli impianti del Paese iberico. Fortunatamente i sistemi di sicurezza hanno impedito fughe radioattive e quindi non ci sono rischi per i dipendenti dell'impianto, i residenti e l'ambiente. Si è trattato però del quarto incidente in 12 giorni a Cofrentes, ricorda il quotidiano spagnolo El Mundo, il 27esimo in tre anni!!!

DIRETTA CON MARCO TRAVAGLIO










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mercoledì 9 luglio 2008

INCIDENTE NELLA CENTRALE NUCLEARE DI TRICASTIN

Ieri in Francia si è verificato un grave incidente nella centrale nucleare di Tricastin (appartenente alla Socatri, gruppo Areva): per un imprecisato errore è stata dispersa una soluzione di uranio nei fiumi circostanti. L’incidente si è verificato durante l’operazione di pulitura di una cisterna. La quantità di uranio sversata durante questo incidente (12 g per litro d’acqua) ammonta complessivamente a circa 360 kg!!!


Purtroppo in Italia non esiste un giornalismo serio e, dunque, alla notizia è stato dato uno spazio davvero minuscolo e con gravi inesattezze.


Proprio per questo ho deciso di linkare i giornali francesi, i quali hanno fornito notizie più chiare e molto meno semplicistiche di quello che hanno fatto i nostri "giornalacci".


Così Le Figaro; così Le Monde; così Le Parisien.


L'energia nucleare è pericolosa! Solo un mese fa a Krsko in Slovenia è avvenuto un altro incidente (seppure di altra natura) in una centrale nucleare.

LA MULTA E' VALIDA ANCHE SE NON SCRITTA IN UN VERBALE MA ESPOSTA ORALMENTE

La sentenza 11 aprile - 3 giugno 2008, n. 14668, sezione II civile della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la multa relativa ad un’infrazione al codice della strada è valida anche se non scritta in un verbale, ma esposta oralmente; il verbale, dunque, può essere anche successivo alla contestazione.


L'operazione di accertamento delle violazione al c.d.s. si sviluppa nei tre momenti della contestazione, della verbalizzazione e della consegna della copia del verbale.


Come noto (e come già evidenziato dalla Corte di Cassazione), la contestazione deve essere immediata con la conseguenza che ogni qualvolta tale contestazione sia possibile, essa non può essere omessa, a pena d'illegittimità dei successivi atti del medesimo procedimento.


Tuttavia, la suddetta sentenza ha espicitamente chiarito che "la contestazione deve ritenersi immediatamente avvenuta, anche se la consegna del verbale (per validi motivi) non segua nello stesso contesto di tempo, allorquando il contravventore sia stato fermato ed il pubblico ufficiale gli abbia indicato la violazione commessa e lo abbia posto in grado di formulare le proprie osservazioni".


Nel caso specifico la Suprema Corte ha considerato immediatamente avvenuta la contestazione formulata da due agenti della Polizia di Stato, i quali, a bordo di un'autovettura civile, avevano affiancato l'autovettura condotta da una signora alla quale avevano poi contestato alcune violazioni di norme dettate dal c.d.s.: le dette violazioni erano state però contestate oralmente in quanto gli agenti erano sprovvisti dell'apposito modulario. I due agenti hanno di persona ed immediatamente contestato le violazioni accertate consentendo alla signora di formulare osservazioni e di illustrare argomenti a propria discolpa. Pertanto, nessuna violazione o limitazione al diritto di difesa della signora è derivata dalla mancata immediata redazione del verbale della già avvenuta contestazione.


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE


SEZIONE II CIVILE


Sentenza 11 aprile - 3 giugno 2008, n. 14668


(Presidente Vella – Relatore Mazziotti Di Celso)


Svolgimento del processo


L'Ufficio Territoriale del Governo di Trapani ha impugnato per cassazione la sentenza 8/9/2003 con la quale il giudice di pace di Trapani, in accoglimento dell'opposizione proposta da C. F., annullava i verbali di contravvenzione redatti da agenti della Polizia di Stato per violazione degli articoli 158, 154 e 172 c.d.s.. Il giudice di pace osservava: che due agenti della Polizia di Stato, a bordo di un'autovettura civile, avevano affiancato l'autovettura condotta dalla C. alla quale avevano poi contestato alcune violazioni di norme dettate dal c.d.s.; che le dette violazioni erano state però contestate oralmente in quanto gli agenti erano sprovvisti dell'apposito modulario; che il descritto operato degli agenti era affetto da nullità radicale ed insanabile; che non era consentito limitare, in pregiudizio della opponente, la possibilità di difendersi soltanto con una querela di falso.


L'intimata C. F. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.


Motivi della decisione


Con il primo motivo di ricorso l'Ufficio Territoriale del Governo di Trapani denuncia violazione degli articoli 200 e 201 c.d.s., nonché degli articoli 384 e 385 d.p.r. 16/12/1992 n. 495, deducendo che esiste una distinzione tra i tre momenti dell'operazione dell'accertamento della violazione, ossia contestazione, verbalizzazione e consegna del verbale. La contestazione avviene di regola in forma orale il che si è verificato nel caso di specie per cui la C. ha avuto la possibilità di esprimere le proprie osservazioni nel momento di detta contestazione. La redazione materiale del verbale e la sua consegna alla C. sono state posticipate per una impossibilità oggettiva, ossia la mancanza del modulario da parte degli agenti al momento della contestazione: ciò non ha comportato alcuna violazione di legge. Nel verbale gli agenti hanno specificato il motivo della mancata redazione dello stesso al momento dell'accertamento. Tale precisazione non era neanche necessaria posto che l'articolo 200 c.d.s, esige di regola la contestazione immediata e non l'immediatezza della verbalizzazione la cui redazione può essere impossibile anche nell'ipotesi in cui gli agenti non abbiano momentaneamente il modulario.


Il motivo è fondato.


Occorre premettere che, come rilevato dal ricorrente, la questione relativa alla mancata redazione del verbale di contravvenzione - e della mancata consegna immediata di detto verbale subito dopo la relativa contestazione al trasgressore - è stata già affrontata da questa Corte la quale al riguardo ha affermato che: a) l'operazione di accertamento delle violazione al c.d.s. si sviluppa nei tre momenti della contestazione, della verbalizzazione e della consegna della copia del verbale; b) la contestazione deve essere immediata con la conseguenza che ogni qualvolta tale contestazione sia possibile, essa non può essere omessa, a pena d'illegittimità dei successivi atti del medesimo procedimento; c) tuttavia l'art. 201 del codice della strada contempla l'eventualità che l'immediata contestazione dell'infrazione non risulti in concreto possibile e stabilisce che, in tale ipotesi, il verbale debba essere notificato al trasgressore con l'indicazione della circostanza impeditiva; d) la "verbalizzazione" è operazione distinta e successiva, rispetto alla già "avvenuta" contestazione; e) a norma del terzo comma dell'articolo 200 c.d.s. copia del verbale deve essere consegnata al trasgressore; f) la contestazione deve ritenersi immediatamente avvenuta, anche se la consegna del verbale (per validi motivi) non segua nello stesso contesto di tempo, allorquando il contravventore sia stato fermato ed il pubblico ufficiale gli abbia indicato la violazione commessa e lo abbia posto in grado di formulare le proprie osservazioni ( nei sensi suddetti, sentenza 21/11/2002 n. 16420 ).


Nel caso in esame non risulta contestato che la C. è stata fermata dagli agenti della Polizia di Stato i quali le hanno di persona ed immediatamente contestato le violazioni accertate consentendole di formulare osservazione e di illustrare argomenti a propria discolpa. Nessuna violazione o limitazione al diritto di difesa della C. è derivata dalla mancata immediata redazione del verbale della già avvenuta contestazione, verbale che è stato poi notificato all'interessata con l'espressa precisazione che gli agenti accertatori non avevano potuto redigere apposito verbale al momento della contestazione delle infrazioni "per mancanza di formulario a seguito".


Si tratta di una motivazione valida e logicamente plausibile tenuto conto che - come riportato nella stessa sentenza impugnata - gli agenti accertatori facevano parte della Polizia di Stato e si trovavano a bordo di un'autovettura civile "per motivi di controllo del territorio" e, quindi, per svolgere compiti ulteriori rispetto a quelli della regolazione del traffico, della prevenzione e dell'accertamento delle violazioni in tema di circolazione stradale.


D'altra parte non risulta che la C. nei motivi di opposizione abbia specificato quale delle garanzie previste dalla legge per la difesa delle ragioni del trasgressore sarebbero state sacrificata o compressa in virtù della contestazione verbale delle infrazioni.


Deve quindi ritenersi che - al contrario di quanto affermato dal giudice di pace - alla ricorrente le infrazioni in questione siano state personalmente ed immediatamente contestate in modo corretto dagli agenti accertatoli con l'indicazione delle norme violate e con la possibilità per la C. di formulare contestualmente osservazioni e di sollevare eccezioni ed obiezioni in ordine all'operato degli agenti.


Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 2700 c.c. e 221 e 313 c.p.c. deducendo che il giudice di pace ha errato nel ritenere che le risultanze del verbale di contestazione - relative ad accertamenti di fatto senza valutazioni e apprezzamenti discrezionali - potessero essere smentite da una mera dichiarazione di parte. I verbali in questione fanno invece fede fino a querela di falso per quanto riguarda la vericità delle affermazioni ivi contenute.


Il motivo è fondato nei sensi e nei limiti di seguito precisati.


Al riguardo va rilevato che costituisce principio ormai pacifico che nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione irrogativa della sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti; non è, invece, necessario, in applicazione della disciplina di cui agli art. 2699 e 2700 c.c., l'esperimento del rimedio predetto ove si intenda contestare la verità sostanziale di quanto dichiarato dalle parti medesime, o i giudizi valutativi espressi dal pubblico ufficiale, ovvero quelle circostanze dallo stesso menzionate relativamente ai fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali perché mediati attraverso l'occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo


Il ricorso deve quindi essere accolto con la conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio della causa al giudice di pace di Trapani (in persona di altro magistrato ) il quale provvederà ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra esposti e dei principi di diritto sopra enunciati nonché ad occuparsi degli altri rilievi mossi dalla C. ai verbali di contestazione in questione e la cui valutazione è stata implicitamente ritenuta assorbita dall'accoglimento della preliminare censura relativa alla asserita nullità del verbale impugnato per contestazione orale. Al giudice del rinvio si rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.


P.Q.M.


la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia al giudice di pace di Trapani (in persona di altro magistrato) anche per le spese del giudizio di cassazione.

martedì 8 luglio 2008

SFRATTO PERSONA ULTRASESSANTACINQUENNE

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III Civile, 26 febbraio - 7 aprile 2008, n. 8961 ha stabilito che "affinchè possa essere eseguito lo sfratto nei riguardi di persona con oltre 65 anni di età, non deve aversi riguardo alla disponibilità, da parte della persona esecutata, di un reddito sufficiente ad accedere alla locazione di un alloggio avente caratteristiche analoghe a quelle dell'immobile oggetto di esecuzione, bastando che esso consenta comunque il fitto di un alloggio, anche a condizioni più disagiate (quanto all'ampiezza, alla ubicazione meno favorevole in città ed alla stessa tipologia dell'immobile), purché adeguato alla situazione personale ed alle conseguenti esigenze abitative dell'interessata".


E' una sentenza molto interessante per gli operatori del settore poichè capita sempre più spesso di imbattersi in procedure di sfratto riguardanti abitazioni occupate da persone ultrasessantacinquenni.



Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 26 febbraio - 7 aprile 2008, n. 8961



(Presidente Varrone – Relatore Federico)



Svolgimento del processo



Con ricorso 13.1.03 F. M. R. chiedeva al Tribunale di Salerno in funzione di G.E. che, ai sensi dell'art. 1 d.l. 122/02, fosse dichiarato che a M. N. non spettava la sospensione dell'esecuzione dello sfratto, relativamente all'immobile in Salerno, via *****, prevista dalla norma suddetta, in riferimento all'art. 80 commi 20-22 della L. 388/90.


Con ordinanza 18.1.03 il G.E. disponeva che l'esecuzione proseguisse.


Con successivo ricorso del 28.1.03 la N. si opponeva ex art. 1 comma 2 ultimo periodo d.l. 122/02 conv. in L. 185/02 al suddetto provvedimento, e l'adito Tribunale, con sentenza depositata il 23.9.03, accoglieva l'opposizione, disponendo la sospensione dell'esecuzione dello sfratto sino al 30.6.03.


Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 cost. la F., affidandosi ad un unico motivo, mentre nessuna attività difensiva è stata svolta dall'intimata.



Motivi della decisione



Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 80 commi 20, 21 e 22 L. 388/00, in combinato disposto con l'art. 1 commi 1 e 2 del D.L. 122/02 conv. in L. 185/02 ed in relazione all'art. 12 delle preleggi, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto che per "altra abitazione" di cui parlano le norme suddette debba intendersi una diversa abitazione che sia equipollente con quella oggetto di sfratto.


Il ricorso è fondato.


Ha ritenuto, infatti, la sentenza gravata che per la sospensione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione, già disposta per gli immobili adibiti ad uso abitativo dall'art. 1 comma 1 D.l. n. 450/01, conv. in L. n. 14/02, e prorogata sino alla data del 30.6.03 dall'art. 1 comma 1 D.l. n. 122/02, occorresse che almeno uno dei requisiti previsti dalla prima parte della norma di cui all'art. 80 comma 20 L. n. 388/00 (esecutato o suo familiare ultrasessantacinquenne o gravemente handicappato) concorresse con almeno uno dellaseconda parte della norma stessa (mancanza di reddito idoneo a garantire una valida alternativa abitativa, ovvero indisponibilità di altra abitazione), ed ha sottolineato inoltre come la norma suddetta di legge si limitasse a postulare la possibilità sic et simpliciter di un'alternativa abitativa, tanto da legittimare la tesi dell'equipollenza dell'alternativa alla soluzione esistente, onde offrire una tutela sempre più effettiva a persone di età già molto avanzata.


E' stato così escluso che la N., sessantacinquenne, fosse titolare di un reddito tale da consentirle il fitto di un alloggio con caratteristiche analoghe a quelle dell'immobile oggetto dell'esecuzione, e che comunque, in rapporto alle finalità in materia della legge, si potesse imporre all'esecutata un particolare onere - date le sue modeste capacità reddituali - di adattarsi anche a soluzioni abitative più disagiate di quella allo stato esistente.


L'assunto in questione viola manifestamente il tenore letterale delle norme richiamate dal ricorrente nell'intitolazione del motivo di ricorso.


Ed invero, ove si tenga presente il chiaro disposto della norma del citato comma 20 dell'art. 80 della legge n. 388/00, così come riportato testualmente nella sentenza impugnata, si rileva che nessun elemento consente ragionevolmente una sua interpretazione nel senso voluto dal Tribunale, e cioè che all'esecutata non possa imporsi alcuna soluzione alternativa abitativa che non sia equipollente (per le dimensioni più ridotte dell'alloggio e la sua localizzazione in zona della città più periferica).


Se è vero, infatti, che dalla lettera della legge non risultano imposti siffatti sacrifici, è però altrettanto vero che dalla medesima non si evince neppure l'opposta soluzione, fondata sulla tesi dell'equipollenza dell'alternativa alla soluzione esistente.


La norma si limita a prescrivere che, ai fini della sospensione dell'esecuzione, oltre alla presenza nell'immobile di persone, almeno sessantacinquenni o gravemente handicappate, appartenenti al nucleo familiare, occorra altresì o la mancata disponibilità di altra abitazione o quella di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa, per cui la valutazione del reddito a disposizione dell'inquilino (nella specie, Euro 995,00 mensili) deve essere effettuata non in relazione alla possibilità di affitto di un alloggio equipollente (nel senso sopra indicato) a quello oggetto dell'esecuzione, ma in relazione a quella del reperimento in ogni caso di un alloggio a condizioni anche più disagiate di quelle già esistenti, quanto ad estensione di esso e ad ubicazione nel perimetro cittadino, purché pur sempre in astratto idoneo alle esigenze abitative dell'esecutata ed alle sue condizioni personali.


Deve, dunque, affermarsi il principio che nel caso in esame, ai fini della sospensione dell'esecuzione in danno della N. sino alla data del 30.6.03, non debba aversi riguardo alla disponibilità, da parte dell'esecutata, di un reddito sufficiente ad accedere alla locazione di un alloggio aventi caratteristiche analoghe a quelle dell'immobile oggetto di esecuzione: bastando che esso consenta comunque il fitto di un alloggio, anche a condizioni più disagiate (quanto all'ampiezza, alla, ubicazione meno favorevole in città ed alla stessa tipologia dell'immobile), purché adeguato alla situazione personale ed alle conseguenti esigenze abitative dell'interessata.


La sentenza impugnata va, quindi, cassata, con rinvio al Tribunale di Salerno in diversa composizione, che dovrà attenersi al principio di diritto come sopra affermato e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.



P.Q.M.


Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Salerno in diversa composizione.


mercoledì 2 luglio 2008

TITOLI STRUTTURATI

Oggi il mio caro amico Andrea mi ha segnalato che molte persone vengono spinte dai propri istituti di credito a sottoscrivere i cosidetti titoli strutturati. Tali titoli vengono proposti come sicure fonti di guadagno mentre in realtà rappresentano un notevole rischio. Pubblico questo post nella speranza di contribuire a fare luce sugli aspetti che riguardano tali operazioni finanziarie.


Innanzitutto segnalo questo interessante articolo che un esperto di finanza (Giuseppe Raguseo) ha pubblicato sul sito  www.finsearch.it/INDEX.HTM: l'autore spiega innanzitutto in cosa consistono i titoli strutturati: essi sono "costituiti da una obbligazione e da una o più variabili finanziarie definite “derivate” ( come azioni, valute…). Sono delle vere e proprie obbligazioni bancarie e differiscono da queste ultime solo nel calcolo del rendimento. Infatti i Titoli strutturati potrebbero presentare un duplice rendimento, ossia quello derivante dalla parte “fissa” e quello derivante dalla parte “variabile”. In realtà il rendimento dovuto alla parte fissa è spesso pari a zero ( o comunque un rendimento sempre più basso dei tassi applicati sul mercato dei capitali), garantendo all’investitore il solo rimborso del capitale inizialmente investito. Il rendimento variabile può essere strutturato anche in forme molto complesse, ma generalmente viene assimilato al rendimento offerto da un contratto d’opzione ( covered warrant )".


E' interessante notare come l'autore sottolinei alla fine dell'articolo che "data talvolta la loro complessità di struttura, l’acquisto di titoli strutturati è consigliato ad investitori esperti con propensione al rischio abbastanza elevato".


Anche Milena Gabbanelli si è occupata di titoli strutturati nella sua trasmissione Report. Segnalo al proposito il collegamento al sito che riporta per iscritto il reportage integrale da lei curato: "Il Banco vince sempre".


Il presente è un argomento molto vasto e probabilmente abbiamo solo iniziato a trattarlo.


Invito chiunque abbia esperienze al riguardo a dare il proprio contributo: pubblicherò tutto quanto possa essere utile a mettere in guardia e a tutelare i risparmiatori.

USO DEL TELEFONINO IN MACCHINA

Cerco di fare chiarezza circa la possibilità di configurare come illecita la semplice presenza di un telefonino su un'autovettura durante la guida.


Direi che è fondamentale partire dalla norma. L'art. 173 comma 2 cds stabilisce che "è vietato al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici ovvero di usare cuffie sonore, fatta eccezione per i conducenti dei veicoli delle Forze armate e dei Corpi di cui all'articolo 138, comma 11, e di polizia, nonché per i conducenti dei veicoli adibiti ai servizi delle strade, delle autostrade ed al trasporto di persone in conto terzi. È consentito l'uso di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie (che non richiedono per il loro funzionamento l'uso delle mani)."


Dunque la norma sanziona l'uso e non la semplice presenza in macchina dell'apparecchio telefonico. Se il conducente ha appoggiato il telefonino sul sedile del passeggero o sul cruscotto, non può rischiare nessuna sanzione.


E' importante, tuttavia, segnalare che l'uso del cellulare non consiste solamente nel fare una telefonata ma anche, per esempio, nel cercare nella rubrica un numero di telefono. Ciò è coerente con la ratio della suddetta norma: ossia, la volontà di sanzionare un comportamento che impedisca al guidatore il corretto uso delle mani sul volante e sui comandi. Infatti, il comma 2 dell'art 173 cds si conclude consentendo l'utilizzo di apparecchi vivavoce, purchè gli stessi "non richiedano per il loro funzionamento l'uso delle mani".


E a tale ratio si è uniformata anche la Cassazione, la quale nella sentenza Cass. II sez. pen.  n. 13766/08 ha stabilito che "le multe sono previste non solo se si sta parlando ma anche se si sta semplicemente cercando un numero sulla rubrica".


La Corte ha precisato che “l’uso del cellulare per la ricerca di un numero telefonico nella relativa rubrica o per qualsiasi altra operazione dall’apparecchio consentita risulta censurabile in quanto determina non solo una distrazione in genere, implicando lo spostamento dell’attenzione dalla guida all’utilizzazione dell’apparecchio, ma anche l’impegno di una delle mani sull’apparecchio con temporanea indisponibilita’ e comunque conseguenziale ritardo nell’azionamento dei sistemi di guida”.